Per la castanicoltura italiana si prevede un magro raccolto. Lazio, Campania e Calabria – le regioni dove si concentra la stragrande maggioranza della produzione nazionale – stanno vivendo una stagione produttiva piuttosto difficile. Lo conferma a Italiafruit News Giampaolo Rubinaccio, coordinatore del Comitato frutta in guscio di Ortofrutta Italia. “Rispetto a una produzione standard – sostiene – ci collocheremo a un meno 80%”.
Il cinipide continua a manifestarsi al Sud, ma non è l’unica causa dello scarso raccolto. “Pare sia confinato a Campania, Calabria e Sicilia, le altre regioni hanno comunicato che l’avversità è sotto controllo – prosegue il rappresentante dell’Organizzazione interprofessionale – molti produttori non hanno ancora la contezza dei volumi di questa stagione: purtroppo anche quest’anno la fauna selvatica, soprattutto cinghiali e ghiri, è fuori controllo. Sarà un’annata molto difficile: il cinipide è finito ancora sotto accusa, ma c’è dell’altro. Durante la fioritura avevamo notato pochi fiori femminili, saranno state le avversità climatiche, lo stress per gli attacchi degli anni precedenti… Ma il fenomeno è stato notato dagli industriali che, con l’occhio lungo, già da maggio sono partiti per approvigionarsi all’estero”.
Il forte calo produttivo spalanca le porte del mercato italiano al prodotto straniero. E su questo fenomeno la Coldiretti chiede controlli precisi.
“Nel corso del 2015 – spiega l’associazione in una nota – nonostante la parziale ripresa della produzione nazionale, l’Italia ha importato oltre 32 milioni di chilogrammi di castagne (ne importavamo 6 milioni di chilogrammi nel 2010) a fronte di una produzione di circa 20 milioni dello scorso anno, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori”.
“Siamo davanti a una dicotomia tra il difendere gli interessi della produzione nazionale e gli interessi aziendali – aggiunge Rubinaccio – e nella difesa di questi ultimi non si può certo vietare al mondo della commercializzazione e dell’industria di approvigionarsi all’estero. Allo stesso tempo, però, non si può non guardare ai danni di chi produce: lo spazio tra queste due esigenze è molto stretto e il legislatore deve fare una scelta. Sul mercato ci sono già castagne provenienti dall’estero a due euro il chilo – conclude – a queste condizioni diventa difficile poter offrire delle primizie nazionali”. (fonte Italiafruit News)