L’amicizia, la convivenza, il matrimonio e la separazione talvolta sfociano in una realtà nefasta da non sottovalutare, quando uno dei protagonisti comincia ad avere reazioni aggressive, fissazioni, frequentazioni e comportamenti anomali. Comunque è facile rendersi conto di queste anomalie e non bisogna prendersela più di tanto, ne inventarsi delle soluzioni a testa propria, o addirittura arrivare ad una “pericolosa sfida”. Velocemente, appena è possibile, bisogna cercare di “prendere le distanze in tutti i sensi”, magari con “cautela per non urtare la suscettibilità psicologica della mente malata” e soprattutto, come consigliano i “centri antiviolenza”, farsi aiutare quanto più è possibile da tutti, sia dalla propria famiglia sia dai centri antiviolenza, sia dai legali, esperti di queste problematiche. L’amicizia, la convivenza, il matrimonio, la separazione sono espressione della vita sociale che, se le cose filano lisce, la singola persona riesce a gestire con equilibrio da sola; con le proprie forze si può sopportare la situazione soltanto quando la controparte coinvolta non dà segno di fissazioni, squilibri mentali e violenze. Purtroppo se bisogna competere con persone maleducate, squilibrate e violente non si può tenere nascosto il problema, ma ci vuole per forza l’aiuto di tutti quelli che costituiscono la società sana con gli opportuni aiuti legali. La criminalità femminicida ha degli aspetti molto difficili da prevedere, pertanto abbiamo ascoltato più volte l’improbabile quanto superficiale ed inutile valutazione “condominiale” dei criminali, attraverso le interviste, che parlavano di persone che non hanno dato mai segno di cattiveria. Così la maggior parte dei criminali che assassinano le fidanzate, conviventi o mogli vengono giudicati bravi ragazzi e normali dai vicini di casa e conoscenti, eccetto pochissimi che sono già notoriamente conosciuti come rissosi, rancorosi ed aggressivi. Mentre le donne assassinate risultano quasi tutte, dal punto di vista morale, caratterologico e comportamentale normali. I giornalisti, i sociologi, gli psicologi e le autorità inquirenti, dopo il femminicidio, giustamente usano la “lente di ingrandimento” e cominciano ad analizzare la storia dell’uomo assassino: ecco che emergono episodi para-criminali che connotano quasi tutto il percorso della sua esistenza. Il criminologo, ancor di più se incaricato dal giudice, ricostruendo la storia del soggetto indagato sotto forma di caso clinico, spessissimo trova e può evidenziare nell’assassino, anche attraverso test mentali proiettivi, eventuali carenze, disturbi, fissazioni, fobie, perversioni e tendenze pericolose. A riprova dell’importanza della storia della vita del criminale, sta il fatto che oggi il pubblico, che segue con attenzione ed emozione le trasmissioni televisive dedicate al femminicidio, di fronte all’evidenza è costretto a cambiare con sorpresa e sconcerto la precedente opinione e si adegua alle indagini psicologiche-comportamentali espresse dagli specialisti e dalle autorità inquirenti e quindi scopre di essere stato molto superficiale nel giudicare normale la personalità dell’omicida, nella prima fase delle indagini. Meglio allora se ci poniamo alcune ipotesi psico-sociologiche:
- Prima ipotesi. I vicini di casa affermano che l’uomo accusato del femminicidio è sempre apparso una brava persona, era riservato, sempre uguale e si faceva i fatti propri nel condominio = questo può rappresentare un primo grave errore di giudizio, perché proprio le persone, che si chiudono e sembrano sempre uguali e che non espongono alla valutazione degli altri i loro pensieri e decisioni, possono presentare eventuali carenze, disturbi, fissazioni, fobie, perversioni e tendenze pericolose e covare facilmente all’interno i progetti criminali, celandoli agli occhi di tutti fino all’esecuzione. Viceversa le persone sono del tutto normali quando partecipano almeno qualche volta ai fatti emozionali che avvengono in un condominio od in un quartiere legati alle feste dei grandi o dei piccoli, partecipano ed espongono le loro idee nelle rivendicazioni dei diritti durante le piccole controversie gestionali di palazzo, salutano “con espressioni” talvolta allegre, talvolta sconsolate, esprimendo la tipica spontaneità delle persone psicologicamente sane.
- Seconda ipotesi. I vicini di casa affermano che l’uomo accusato del femminicidio è sempre apparso una persona agitata, intrattabile, rissoso, attaccabrighe e mal visto in condominio = spesso da una approfondita storia psicologico clinica del caso emergono episodi criminosi che lo connotano già dalla giovane età e quindi si spiega la continuità della sua condotta criminale.
- Terza ipotesi. I vicini di casa affermano che l’uomo accusato del femminicidio è sempre apparso una brava persona nel condominio, partecipava con buona cultura alle rivendicazioni dei diritti durante le piccole controversie gestionali di palazzo, salutava con espressione ed esprimeva un comportamento elegante = la psicologia clinica insegna che dietro questa facciata di cultura e di perbenismo si nascondono spesso problematiche molto gravi della personalità, in parole povere la doppia personalità non si evidenzia nel condominio, ma fuori di esso, infatti la stessa persona può vivere con la moglie nel “condominio uno” per cinque giorni alla settimana e poi per due giorni va a vivere nel “condomino due”, ove, i relativi condomini affermano di averlo notato poche volte ma sempre gentile e in buon aspetto. Dietro questa doppia vita si annidano tantissime finzioni, tensioni nascoste e camuffate che funzionano come inesauribile motore di stress; la persona ambigua ha la mente deteriorata dalle tensioni interne che possono tradursi da un momento all’altro in rottura dell’equilibrio mentale e quindi in un femminicidio per futili ragioni. In ogni caso per i Lettori è sconcertante scoprire la doppia vita di una persona; quindi occorre molto impegno nel seguirla dalla mattina alla sera per un anno intero, in quanto gli aspetti più incredibili non si verificano tutte le settimane e tutti i mesi, ma si possono evidenziare anche solo per qualche giorno all’anno.
Attraverso queste tre semplici ipotesi si può giungere a dire che ogni potenziale criminale femminicida sfugge facilmente al preventivo sospetto dei vicini di casa, che si limitano ad un’osservazione del tutto bonaria e superficiale ed affermano che questo uomo è sempre apparso buono, anche se oggi una più concreta visione della vita consiglia maggiore prudenza nel giudicare le persone.
Si può parlare di prevenzione e quindi di eventuali errori da evitare se e’ possibile ?
Liberato il campo dalla inutile valutazione “condominiale” dei potenziali criminali voglio rispondere esplicitando in sintesi alcune ipotesi che sono alla base dell’azione criminale di chi commette il femminicidio:
- Il primo errore psicologico, più significativo ed anche più diffuso, si verifica quando l’inizio di una vita in comune viene visto come una “modifica” temporanea del proprio essere quotidiano che può essere interrotta per scelta in qualsiasi momento. Questa concezione provoca indecisione e stress continuo che affatica la mente e può provocare decisioni pericolose; tale visione è tipica di un essere che non ha capito che la vita in comune aiuta stabilmente la normale crescita mentale e lo sviluppo di nuove funzioni e mansioni umane con l’accettazione di più complessi comportamenti sociali già sperimentati dall’umanità generalmente senza particolari fonti di stress, anzi con notevoli e molteplici soddisfazioni nella maggioranza dei casi.
- Il secondo errore psicologico si verifica quando la vita in comune viene articolata con delle riserve mentali volontarie ed autonome, che includono altre situazioni esperienziali più o meno nascoste con altre persone, che possono essere di diversa natura e durata. Queste scelte provocano stress, affaticamento ed iniziative pericolose che a lungo andare possono sfociare in atti criminali.
- Un terzo errore psicologico si verifica quando la vita in comune è sottoposta, con consenso di uno dei due, per ragioni esterne, forse anche legate al lavoro ed alla sussistenza, a pressioni ed invadenze indiscrete di persone estranee, che diventano dei veri condizionamenti della coppia. In tali situazioni il marito o la moglie sono stretti tra due fuochi: necessità ordinarie della vita di coppia e pressioni da parte di estranei che hanno il potere, spesso anche economico, per ricattare uno dei coniugi. Tale situazione genera tanto stress psicologico che può sfociare in azioni criminali.
- Infine un quarto errore psicologico nasce dal fatto che il marito, l’amico o il convivente ritiene che la donna, che accetti la vita in comune, sia un oggetto di sua proprietà che non può più allontanarsi senza il suo permesso e perciò, di fronte al diniego di lei, si sente menomato ed insignificante, allora può anche reagire con atti criminali. Ma in effetti costui interpreta la vita in questo modo perché ha un’intelligenza forse già bloccata dall’infanzia ed una socializzazione incompleta e per effetto di queste carenze continuerà ad avere sempre problemi anche con altre donne.
Questi spunti di psicologia fanno parte di più complesse ipotesi allo studio sulla rottura della vita di coppia alla base di tanti efferati crimini. G. I.