Prima la deposizione di una corona al Monumento dei Caduti, da parte del Vicesindaco Michelangelo Bruno e della Presidente del Consiglio Comunale, Virginia Pascucci, con la benedizione del Parroco Don Rosario Paoletti, poi il convegno nella sala consiliare “Sandro Pertini” dal titolo: “1943 un anno memorabile” con le conclusioni del Professor Luigi Anzalone.
A Grottaminarda le celebrazioni del 78esimo Anniversario della Liberazione dal nazifascismo sono state intense ed articolate. Il 25 aprile è il giorno simbolo della Resistenza, il culmine della fase militare ma la lotta condotta dai partigiani partì l’8 settembre 1943 quando gli italiani seppero dell’Armistizio di Cassibile. Da qui la volontà dell’Amministrazione comunale di ripercorrere, con l’aiuto di competenti relatori, quel tratto di storia per ricordare l’impegno ed il sacrificio di tanti per la conquista della libertà e della democrazia e per riportare nell’attualità quegli ideali.
In apertura del convegno la lettura del messaggio da parte del Sindaco, Marcantonio Spera, impossibilitato ad essere presente a causa della febbre, attraverso il quale ha innanzitutto ringraziato a nome suo e dei cittadini gli illustri relatori presenti e poi ha chiesto loro «come spiegare ai giovani l’importanza della politica, il rischio del crollo delle democrazie e del ritorno degli autoritarismi».
È stata quindi la Presidente del Consiglio Comunale, Virginia Pascucci, ad aprire gli interventi. Partendo da un episodio personale legato alla scuola ha raccontato come quell’esperienza, la lettura del discorso agli studenti milanesi di Calamandrei, le abbia lasciato un diverso approccio con la Costituzione, sottolineando come ciascuno dovrebbe rileggere la Costituzione calandola nell’attualità. Si è poi soffermata, vista anche la sua delega alle Pari opportunità, sul ruolo delle donne nella resistenza, un ruolo quasi sempre discreto, silente, di staffetta, visto che raramente alle donne erano concesse armi, ma che è stato fondamentale nella lotta partigiana. Oltre 70 mila quelle impegnate ma solo a poche è stata riconosciuta una medaglia al valore proprio per la difficoltà di ricostruire le storie. La Presidente ha ricordato anche la figura di alcune di loro come quella di Giulia Lombardi e quella di Carla Capponi.
Significativa la partecipazione all’iniziativa da parte del Forum dei Giovani. Hanno proiettato un video con le immagini della lotta partigiana e le lettere di alcuni partigiani condannati a morte. Il Vicepresidente del Forum, Gioele Lepore, ha evidenziato la lucidità ed il coraggio di queste donne e di questi uomini che un attimo prima di morire hanno pensato a dare forza alle persone che lasciavano oltre alla convinzione di aver fatto la cosa più giusta immolandosi in nome della Patria e della libertà di cui oggi godiamo tutti noi.
Si è detta particolarmente felice dell’esordio del nuovo direttivo del Forum dei Giovani in questa occasione che deve essere rivolta soprattutto ai giovani, l’Assessora alla Cultura ed alla Politiche giovanili, Marilisa Grillo: «Oggi siamo qui non solo per un esercizio di memoria, ma per rendere concretamente omaggio a chi si è sacrificato con la propria vita per garantire a tutti noi un futuro di libertà. La libertà è un bene prezioso. Non vi è libertà senza responsabilità e viceversa. Dunque il 25 aprile ci ricorda che resistere è un dovere, ieri come oggi. Per questo motivo è necessario celebrare ogni anno il valore di questa festa – ha concluso Grillo – per mantenere salda la memoria della nostra democrazia».
«Questo è un tema che ci sta particolarmente a cuore: nel 1943, anno terribile, inizia un’altra storia. È l’anno della svolta», ha esordito Nicola Cataruozzolo, Segretario della locale sezione del Partito Democratico il quale, ripercorrendo quelle giornate di storia del ’43 ha voluto attualizzare il termine “Resistenza” stigmatizzando le esternazioni di alcuni politici contemporanei. Si è poi soffermato sulla corruzione che dilagava tra i gerarchi del regime fascista, dediti a traffici di ogni genere ed ha snocciolato alcuni dati: «Alla fine dei combattimenti saranno circa 400mila persone a vedersi riconosciuta la qualifica di partigiano. I caduti 44mila e settecento tra deceduti in combattimento o assassinati. Altri 21mila e duecento mutilati ed invalidi. I deportati, insieme ai 730mila soldati italiani imprigionati come internati militari, furono circa 35mila dei quali 7mila civili ebrei. Il tasso di sopravvivenza non superò il 10 per cento. La liberazione dal nazifascismo – ha concluso Cataruozzolo – ci ricorda indissolubilmente il suo nesso con la Costituzione italiana perchè per la sua universale valenza, Costituzione ed antifascismo, sono la stessa cosa».
A proposito di dati, nel merito delle tante stragi compiute dai nazifascisti nel Meridione d’Italia è entrato Giovanni Capobianco, Presidente del Comitato provinciale A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia): «Dopo l’8 settembre del 1943 i nazisti erano già qui in Italia a seguito dello sbarco in Sicilia del 10 luglio del ’43 per accorrere in aiuto di Mussolini che non era ancora caduto (cadde 15 giorni dopo) da allora in poi i nazifascisti cominciarono a comportarsi come feroci padroni nelle nostre terre, andavano nelle case, nelle stalle, rapinavano, facevano razzia di tutto ma incontravano la resistenza della popolazione che era poverissima e non accettava di vedersi portar via il proprio sostentamento, da qui le stragi che in Campania fecero registrare 1700 morti». Capobianco ha raccontato della strage di 10 ufficiali di Nola con la tragica conta, ogni 10 ne ammazzavano uno, quelle di Matera, Caiazzo, Bellona, Roccaraso, solo a Napoli ci furono 700 persone uccise tra le quali 14 carabinieri che avevano rifiutato di consegnare le armi e poi le cosiddette “mini-stragi” in Irpinia: 3 persone ad Ariano, 2 a Montella, 2 a Nusco e così via, a Solofra, Capriglia, Serino, Castelvetere, San Mango sul Calore, San Martino, Summonte. « In Campania arrivarono 8mila domande per il riconoscimento di partigiano, ne furono riconosciute solo 5 mila ma i partigiani che combatterono nel Meridione furono almeno 20mila».
Intervento finale riservato al Professor Luigi Anzalone. Scrittore di tantissime pubblicazioni, docente di filosofia, uomo politico, ha spaziato tra storia, attualità, immigrazione, autonomia regionale differenziata, reddito di cittadinanza, senza perder l’occasione di infliggere stoccate alla politica. Anzalone ha accomunato il fascismo alla mafia: «Sono due parole che non si traducono in nessuna lingua entrambe coniate in Italia – ha detto – Due patologie terribili, due malattie mortali: la mafia ed il fascismo. C’era un film che si intitolava “Italiani, brava gente” qualche perplessità ce l’avrei. Dunque alla domanda che cos’è il fascismo, tra le tante risposte che potrei dare quella più organica è: l’animalità insita nell’uomo. Noi siamo usciti alcuni milioni di anni fa dalla condizione scimmiesca, ma non siamo diventati immediatamente Homo sapiens, lo siamo soltanto da 200mila anni, la ragione in noi è giovane, invece l’istintualità, non più governata dalle consegne della specie ha avuto modo di sedimentarsi per milioni di anni. Ecco perchè è facile essere fascisti, essere malfattori, essere disonesti. “Siamo inclini – diceva Immanuel Kant – per natura al male”».
Al convegno, moderato dalla giornalista Alfonsina Merola, presente un nutrito pubblico, e poi Consiglieri comunali di Maggioranza e di Minoranza, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, Carabinieri della Stazione di Grottaminarda e Polizia Municipale, Associazioni di Volontariato, in particolare la Pubblica Assistenza Grottaminarda, Giornalisti.