Non si sa da quando una chiesa di Enna [1] sia stata intitolata a San Paolino di Nola. Si pensa giustamente ad un’importazione devozionale nel Medioevo dalla vicina Sutera, dove sorge il più famoso santuario paoliniano della Sicilia. Come abbiamo riferito nella monografia “San Paolino di Nola in Sicilia” (2004), integrata da nuove segnalazioni locative pubblicate su periodici locali, le numerose intitolazioni di chiese e cappelle sicule al Santo Nolano si devono certamente al fatto che è ritenuto il protettore degli operatori agricoli e dei giardinieri, che erano numerosissimi nelle ubertose contrade ennesi, prima della massiccia urbanizzazione verificatasi da quando nel 1926 la città fu elevata a provincia, cosa che portò ad inglobare moltissime zone agricole.
Fin dal 1550 era presente ad Enna anche un cenobio di cappuccini, ubicato in un luogo malsano e molto lontano dal centro storico. Nel il 1587 o nel 1614, i frati si trasferirono presso il “templum S. Paulini”, e dedicarono il loro cenobio a Santa Maria degli Angeli, detto anche Santa Maria delle Grazie, ma per gli abitanti e gli autori di storia locale la chiesa, pur essendo annessa al convento francescano, continuò a rimanere “sub titolo Divi Paulini. Il convento con il passar degli anni non fu più frequentato in seguito alle cosiddette leggi eversive del 1866 – 1867, che interessarono gli enti ecclesiastici decretandone per molti la chiusura e l’incameramento dei beni mobili ed immobili, consistenti in proprietà rustiche ed urbane. La chiesa, con allegato convento dei Cappuccini, è stata negli ultimi 30 anni abbandonata a se stessa. Anche il convento, nei primi anni del Novecento adibito ad Ospizio, fu in seguito abbandonato per fatiscenza, ed è stato in anni recenti sottoposto a restauro, non seguito però da adeguato utilizzo, da parte del Comune di Enna che ne è proprietario. Da qualche mese la chiesa è stata affidata ad un sacerdote ortodosso per la pastorale della comunità rumena e quindi riattivata ed aperta al pubblico.
L’impianto ecclesiale non conserva purtroppo alcuna immagine di san Paolino, ma si ha notizia nella storia manoscritta del settecentesco cappuccino padre Giovanni che vi si vedeva la cappella con il quadro del Santo. Probabilmente fu chiamata cappella un’edicola, attualmente con nicchia vuota, riccamente incorniciata con decorazioni di stucco, rimasta anonima per gli studiosi locali che ci hanno fornito le notizie storiche (Rocco Lombardo – Federico Emma). L’edicola è fiancheggiata da due angeli: quello a sinistra regge un fiore di giglio, l’altro a destra sostiene un gancio di ferro come quello della stadere. Abbiamo notificato ai due studiosi ennesi citati che i due particolari sono realmente collegabili all’iconografia del Santo. Il giglio, a nostro avviso, sta certamente a ricordare la venerazione dei Siciliani per san Paolino che lo considerano il protettore dei giardinieri. Al gancio sorretto dal secondo angelo potrebbe essere stata appesa una catena, come quella raffigurata nella statua del Santo nell’isola Tiberina a Roma, dato che fu detenuto dei barbari (Goti) ed è per questo considerato tutelare di schiavi e prigionieri. Ma poteva trattarsi anche di una campanella, perchè è ritenuto altresì il promotore della costruzione dei campanili con l’utilizzo delle campane per richiamare i fedeli. (Tre foto)
Antonio Fusco
[1] Fino al 1927 era chiamata Castrogiovanni