Oltre duemila agricoltori a Roma per dire, con Cia, “Non toglieteci il futuro”. Oggi la manifestazione nazionale della Confederazione ha riempito Piazza Santi Apostoli e le vie del centro di tantissimi produttori e allevatori arrivati da tutt’Italia, e con una folta delegazione di Cia Campania con in testa il presidente Raffaele Amore e il direttore Mario Grasso. I manifestanti, armati di cartelli e bandiere verdi, hanno protestato contro una crisi che, dal campo alla tavola, sta portando i prezzi alle stelle e rendendo gli agricoltori più poveri. Per Cia, i conti non tornano e serve subito quel Piano agricolo nazionale sempre annunciato e mai realizzato, che rimetta al centro l’impresa e il suo reddito.
Gli agricoltori non sono il problema, ma la soluzione, lo ha ripetuto più volte dal palco il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, rivendicando con forza il ruolo chiave del settore, anche nella transizione green.
“Anche se si continuano a raccontare bugie -ha commentato il presidente di Cia Campania, Raffaele Amore- gli agricoltori non solo non inquinano, ma rispettano da anni impegni ambientali anche mettendo a rischio i loro profitti, producono energie alternative e non sprecano acqua, ma la usano per produrre cibo di qualità”. Per Cia Campania un problema da affrontare oggi in Campania è quello di accompagnare le aziende agricole del Piano Campano, dell’Agro Aversano e della Piana del Sele nell’uscita dalla crisi generata dalla dichiarazione di zona vulnerabile ai nitrati, che riduce le quantità di fertilizzanti utilizzabili e il carico di bestiame per ettaro.
Eppure nessun settore agricolo è indenne dalla crisi ormai diffusa e generalizzata, tra emergenze geopolitiche, climatiche e fitosanitarie. L’ortofrutta è in ginocchio, con un taglio del 40% della produzione dopo la siccità record del 2022, le gelate e soprattutto gli effetti delle alluvioni di maggio.
“Non dimentichiamo quanto inadeguato è stato fino ad oggi l’intervento del Governo – sottolinea Amore – rispetto al problema della Peronospora sulle viti di Irpinia e Sannio, una patologia fungina indotta dall’eccesso di umidità dovuto a piogge giunta proprio tra maggio e giugno”.
Il vino Made in Italy ha perso in media il 12% quest’anno, a causa degli attacchi distruttivi di peronospora, perdendo il primato mondiale a favore della Francia. Anche la zootecnia è in sofferenza, con un 2023 inaugurato dal calo del 30% della produzione di carne bovina e continuato con il proliferare della peste suina, che rischia di distruggere un comparto da 11 miliardi.
E mentre i listini dei cereali sono in caduta libera (-40%), il carrello della spesa si fa più pesante con l’inflazione, esplodendo il divario tra i prezzi pagati agli agricoltori e quelli sugli scaffali dei supermercati. Oggi un produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro, mentre un pacco di pasta costa 2,08 euro, con un aumento del 494% dal campo alla tavola. “Sul grano, come sul latte, occorre aprire vertenze nazionali ma con forti radicamenti sui territori almeno a livello regionale – sottolinea il direttore Mario Grasso. Infatti stessa dinamica si osserva sul latte: all’allevatore vanno in media 52 centesimi al litro, ma il consumatore per comprarlo spende 1,80 euro (+246%).
Vale anche su frutta e verdura: i pomodori passano da 1,13 euro al chilo all’origine a 3,73 euro al consumo (+230%); le mele da 50 centesimi a 2,43 euro al chilo (+386%); le pere da 1,64 a 3,55 euro al chilo (+116%); persino la zucca di Halloween, da 65 centesimi a 2,76 euro (+325%).
Il risultato è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa (+16mila euro nell’ultimo anno per azienda).
Le proposte della Cia
Ѐ ora, dunque, di risolvere i problemi e rispettare le aspettative del settore. Iniziando proprio dal garantire il giusto reddito agli agricoltori lungo la filiera, ridistribuendo a monte una quota degli aumenti sulla tavola per creare un sistema più equilibrato; aggiornando la normativa sulle pratiche sleali certificando i costi di produzione agricola per assicurare prezzi dignitosi; riducendo le forme di finanziarizzazione legate alla produzione di materie prime. D’altra parte, senza reddito e cibo, la sovranità alimentare resta uno slogan.
Ma non è tutto. Bisogna favorire l’aggregazione aziendale e incentivare la crescita delle Pmi, anche con una revisione degli strumenti di accesso alla terra e una legge sul ricambio generazionale, che vuol dire dall’altro lato agevolare l’uscita dal settore con una riforma strutturale per innalzare le pensioni minime agricole. Sul fronte manodopera, le difficoltà di reperimento richiedono procedure più semplici e flessibili, mentre sul caro-energia, Cia dice basta ad accise e Iva sui carburanti.
Calamità naturali e crisi fitosanitarie, invece, sollecitano la riforma del sistema delle assicurazioni, nazionale e Ue, tanto più che oggi gli strumenti a disposizione coprono in media meno del 3% dei danni reali e i risarcimenti arrivano in estremo ritardo.
Monta la protesta anche sulla fauna selvatica: gestione e ripristino dell’equilibrio sono le parole d’ordine, da tradursi subito in fatti.
Infine, obiettivo aree rurali, dove per frenare l’abbandono serve riportare sui territori i servizi alle imprese e alla persona, mettere in sicurezza le infrastrutture e incentivare la digitalizzazione.