Notevole afflusso di visitatori, distribuiti in gruppi d’accesso agli spazi espositivi. L’interessante novità del Laboratorio sensoriale.
di Gianni Amodeo
S’intitola “Il Cielo Vive dentro di Me”, la Mostra documentale che rivisita la figura e il pensiero di Etty Hillesum, olandese e morta- ventisettenne- ad Auschwitz nel 1943. Un itinerario di conoscenza del passato, guardando il presente del Terzo Millennio, attraverso una testimonianza di intensa capacità di riflessione, qual è quella che esprime la giovane donna immolata nei Campi tedeschi nella Polonia occupata dalla Germania. Allestita negli spazi del Centro Nadur, dove resterà aperta al pubblico fino al pomeriggio di giovedì, 16 gennaio, la Mostra, inaugurata venerdì, sta facendo registrare un notevole afflusso di visitatori, soprattutto di gruppi provenienti dalle Scuole e dagli Istituti statali d’Istruzione superiore dell’area nolana. Molte le famiglie con i bambini in visita alla rassegna.
Per la maggior parte dei visitatori, Etty Hillesum e il suo mondo di idee costituisce una vera e propria scoperta, alla luce di un vissuto, raccontato con penetrante e suadente scrittura nel Diario e nelle Lettere; un vissuto che si colloca in uno dei periodi più tristi e bui della Storia del Novecento, qual è quello segnato dalle immani e sconvolgenti tragedie della seconda guerra mondiale e dalla Shoah generata dal razzismo e dalle persecuzioni contro gli ebrei e le minoranze etniche dei rom e degli zingari – colpevoli soltanto e proprio della condizione d’essere nati ebrei, rom e zingari– di cui si rese responsabile e artefice la Germania nazista.
Coloro che hanno modo di ri-scoprire Etty Hillesum, attraverso il caleidoscopio delle pagine del Diario e delle Lettere ne restano coinvolti e affascinati per la delicatezza dei sentimenti e dei pensieri. Ben significativa la valenza del giudizio di Papa Benedetto XVI nell’Udienza Generale del 13 febbraio 2013 …. “ Penso – dichiarò -anche alla figura di Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morirà ad Auschwitz. Inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa …..Nella sua vita dispersa e inquieta, ritrova Dio proprio in mezzo alla tragedia del Novecento, la Shoah. Questa giovane fragile e insoddisfatta, trasfigurata dalla fede, si trasforma in una donna piena di amore e di pace interiore…”
Il percorso della Mostra si articola in tre fasi che rappresentano le tappe del percorso di consapevolezza di Etty che approda alla conciliazione con se stessa e apertura verso gli altri, con la forte e motivata attitudine di ascolto attivo, per recepirne bisogni e istanze.
I primi 12 pannelli della Mostra raffigurano immagini, dati storici e pagine del Diario.
Il pubblico viene introdotto nella seconda fase con un Laboratorio sensoriale che attraverso l’utilizzo dell’olfatto e dell’ascolto di sé viene invitato a mettersi in contatto con se stessi e in ascolto della voce narrante di alcune pagine salienti del Diario di Etty.
Il terzo step della Mostra fa “ripercorrere” i pannelli che illustrano il rapporto che Etty ha costruito con Dio, con gli amici e con il tutto. In questa fase Etty termina di scrivere il Diario e scrive le Lettere agli amici; un racconto, quelle delle Lettere, in cui riporta le descrizioni del Campo di Westerbork, il Campo di transito che “ospita” i deportati olandesi, per essere avviati al Campo dei forni crematori e delle camere a gas operante come fabbrica di morte super-efficiente ad Auschwitz, in Polonia. Un racconto intessuto di descrizioni dettagliate di coloro che venivano avviati al destino di morte, vittime sacrificali di una violenza cieca. Ed è impressionante la scrittura di Etty nel fissare in ogni situazione barlumi di umanità.
L’itinerario della Mostra si chiude con il venticinquesimo pannello che riporta la cartolina che Etty scrive il 7 settembre 1943, quando lascia il Campo di transito di Westerbork per il destino di morte, che l’attende.
Etty lancia dal vagone del treno una lettera che dei contadini raccolgono e consegneranno alla sua amica Christine Van Nooten. In questa cartolina Etty descrive l’improvvisa partenza per un ordine mandato al campo per lei e la sua famiglia direttamente dall’Aja: lasciano il campo cantando con i saluti “Arrivederci da noi quattro”.
E’ la scena, in cui i visitatori sono invitati a specchiarsi viene loro dato in dono uno specchietto, su cui scriveranno il proprio nome. E’ lo specchietto che contiene l’invito a guardarsi dentro come ha fatto Etty, per incontrare l’umanità.
“Fare visita alla Mostra– dice la giovane l’avvocatessa Nunzia Coppola, impegnata nel sociale e nella civica amministrazione come consigliere comunale – è un dono che si fa a se stessi e alla memoria di tanti che sono stati strappati alla vita, ma è anche un modo per ricordare le tante piccole Shoah che vivono persone come Mousta, artista di sabbia, proveniente dal deserto algerino che ha voluto conoscere una donna che ha vissuto ciò che oggi lui vive. Mousta– conclude Nunzia Coppola– durante il percorso ha vissuto forti emozioni e alla fine ha lasciato come dono la sua rappresentazione di Etty in un disegno che riporta il fiore Etty con colori e sfumatura diverse e sovrastante l’incontro con Dio nell’abbraccio”.
Un’eccellente iniziativa etica e culturale che arriva dalla citta meneghina e si deve ai curatori, guidati dal professore Gianni Mereghetti, realizzata, anche in video, con stretta collaborazione dei liceali della Fondazione del Sacro Cuore e degli studenti di tutte le Università.