Sabato De Luca torna all’istituto “Enrico Medi” di Cicciano, nel pomeriggio del 27 Febbraio 2016, per presentare il suo primo libro di poesie: “Viaggio nel deserto”. In questo stesso istituto, per anni, è stato docente di Letteratura Italiana e Latina.
Hanno presenziato all’evento: il dirigente scolastico Pasquale Amato, il direttore della rivista “Sinestesie” Carlo Santoli, il professore e critico letterario nonché curatore della prefazione al testo Carlangelo Mauro, i professori Antonio Raimondi e Giuseppe Sirignano e molti ex alunni.
Pieno di orgoglio e commozione, nell’aula Magna “Francesco Liquori ” l’ex decano ha letto alcune delle poesie contenute nella silloge dopodiché ha parlato di come ha iniziato a scrivere poesie, della sua vita e di ciò che ha voluto trasmettere con quest’opera.
“Ho iniziato a scrivere poesie all’età di 15 anni” – dice quasi commosso “il fatto di scrivere versi è dovuto al fatto che ero molto timido. Non riuscivo a parlare neppure con i compagni e, quindi, per me scrivere è stato un modo per vincere la mia timidezza, per affermare la mia esistenza. È stato un voler dire agli altri: Eccomi! Sono qui! Non ho nulla da chiedervi né da pretendere ma ci sono e voglio rivelarmi i miei sentimenti, le mie paure, i miei sogni, le mie aspirazioni, la mia ragion d’essere. È stato proprio questo bisogno che mi ha spinto a coltivare la passione per la poesia…”.
Parole piene di orgoglio per questo sogno diventato realtà. Una raccolta di poesie dedicare ai suoi genitori, a suo fratello, ai cari che non ci sono più ma è anche una dedica alla poesia.
Una poesia che ti “salva”, che ti aiuta ad esternare ciò che “fa male”, un “risveglio dell’anima”- citando Leopardi-. Poesie che raccontato una vita, un vita piena, che ha conosciuto conquiste, che ha conosciuto perdite, che ha insegnato molto ma non senza lasciare degli segni. Una vita fatta di sfide ma anche di gratificazioni.
Queste sono poesie che parlano di un anni “lontani”, anni che oggi sembrano, così distanti, che sembra quasi non essere mai esistiti. Queste poesie rivelano un’anima sensibile, romantica, ferita, malinconica ma felice. Occhi che ricordano i dolci raggi del sole che riscaldano il sonno all’ombra di un albero, che cercano un paesaggio quasi bucolico che non esiste più; un cuore che vorrebbe rivivere quelle gioie ore giovanili trascorse a parlare con gli amici di sogni, speranze, amori. Un mondo che oggi pochi ricordano e pochissimi hanno vissuto.
Il professore-poeta ricorda i primi libri letti, gli autori che lo hanno maggiormente influenzato, di quando, ragazzo, prendeva i libri in prestito dalla biblioteca per dissetare la sua sete di conoscenza quasi come se, leggere poesie, acquisire tante “conoscenze” diverse, fosse vitale.
“Alla lettura di romanzi ed opere in prosa preferivo la lettura poetica perché stimolava di più la mia sensibilità, toccava il mio animo e lo faceva vibrare fortemente” -dice felice nel rimembrare i suoi primi approcci alla poesia e gli autori che lo hanno influenzato- “Non vi trovavo niente di strano a passare da Pascoli a D’Annunzio, da Corazzini a Dino Campana, da Ungaretti a Quasimodo, da Montale a Saba”.
“La poesia, col tempo, è diventata per me una malattia endemica, assolutamente incurabile. La sua produzione una necessità costante. So bene che essa oggi ancora più di ieri è un prodotto assolutamente inutile ma non ha mai il grande privilegio di non essere nociva per l’uomo.” Una sorta di dichiarazione d’amore per la poesia che l’ha accompagnato in ogni fase della crescita culminando in questa splendida raccolta. “La poesia è l’unica che può consentire all’uomo, chiuso nel suo “solipsismo”, di essere se stesso, di affermare la propria identità al di là di ogni comunicazione di massa, di ogni condizionamento sociale e moda culturale. È l’unica arte a disposizione dell’uomo ad avere, ancora oggi, un forte potere soterico; ha infatti la capacità di sottrare, al nulla, il poeta e di consegnarlo alla posterità…”
Ha, inoltre ringraziato, il dirigente scolastico, i colleghi ed in modo particolare il suo professore del liceo che ha avuto parole fiere ed orgogliose per questo allievo, ormai uomo, col cuore fanciullo “anche grazie ai suoi studi classici”.
Ma perché “Viaggio nel deserto”? Lo ha spiegato lo stesso autore: “Perché, in realtà, la vita è un viaggio e questo viaggio non è solo esperienza ma che anche perdita perché si nasce, si cresce, si diventa adulti e si va verso la morte. In realtà Si cresce ma c’è anche la perdita di qualcosa”.
Il professore ha pubblicato negli atti del circolo culturale Duns Scotto di Roccarainola, diretto dal dottor Aristide La Rocca, “Nuova interpretazione del termine medioevale egripus”, ha collaborato al periodico del Liceo Scientifico Statale “E. Medi” di Cicciano “Mediazione” e, nel 2011, ha pubblicato la traduzione dal latino, con introduzione e note “La Metafisica” di Gianbattista Vico.
Annarita Franzese