Le aree interne hanno bisogno di una strategia di sviluppo per arginare la crisi economica e rilanciare le attività del territorio, ma alle insufficienze della politica e delle istituzioni, si aggiunge l’inacettabile vicenda che si consuma ormai da anni nell’ente preposto alla promozione e al supporto delle imprese, la Camera di Commercio Irpinia-Sannio, che tra commissariamenti e gestioni sconsiderate, è sempre più allo sbando, con prospettive ogni giorno più cupe.
L’ente camerale nei fatti è come se non esistesse, salvo che nel consumo delle risorse finanziarie, il cui utilizzo è maldestro e poco trasparente.
Le province di Avellino e di Benevento sono state espropriate di ogni autonomia decisionale, con il concreto rischio di un totale depotenziamento degli strumenti di cui istituzionalmente potrebbero disporre per la programmazione di interventi, l’organizzazione di servizi per il sistema produttivo e per la pianificazione di azioni congiunte con gli enti locali e con gli enti sovraordinati, volte alla definizione di strategie a lungo termine.
Le categorie del territorio sono state private, in maniera antidemocratica, del proprio legittimo ruolo, al di là dei non pochi errori commessi da alcune organizzazioni.
A pagare il prezzo sono le attività delle aree interne e tutti i cittadini, su cui pesa l’inadeguatezza e la spregiudicatezza di chi in questi anni ha rivestito ruoli apicali nella Camera di Commercio e di chi ha consentito che l’ente diventasse terra di conquista e teatro di giochi di potere, come da più parti è stato rilevato.
La Camera di Commercio Irpinia-Sannio, illegittimamente commissariata, si è trasformata progressivamente in un buco nero, dove si registrano forzature procedurali, spese inutili e indebite, un aggravio di costi per le aziende e dove non si delinea alcuna prospettiva per il futuro.
L’ente è diventato la pedina di uno squallido gioco di potere più grande, che scaturisce in altre province della Campania, con addentellati nelle istituzioni e in specifiche organizzazioni economiche, trasformando le province di Avellino e di Benevento, in territorio da spremere, per progetti che non hanno alcun legame con la comunità locale. Non ci sarà da meravigliarsi se domani, ad esempio, l’ente dovesse acquisire, a suon di milioni di euro, quote azionarie dell’aeroporto di Salerno o impegnarsi in investimenti nella struttura, in qualunque modo giustificati, che per un rilancio ha bisogno di notevoli risorse.
Ma non si tratta soltanto di sollevare critiche politiche e perplessità gestionali. Ci sono precisi atti e provvedimenti pubblici non solo inopportuni, ma con forti dubbi di profili di illegalità, già segnalati alla Corte dei Conti, alla magistratura ordinaria e agli organi di governo nazionale.
Ci riferiamo alle nomine dei segretari generali e di altri dirigenti effettuate senza seguire le procedure indicate dal Ministero, in più casi a scavalco con la Camera di Commercio di Salerno, eccedenti la pianta organica ed ignorando deliberatamente le risorse umane interne, con evidenti aggravi di spesa. In un caso, è stata creata una figura non prevista dall’ordinamento e addirittura nominato, attraverso cooptazione, un dirigente raggiunto da un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale degli arresti domiciliari per peculato e falso.
L’attuale commissario straordinario, Girolamo Pettrone, poi, con atto monocratico, ha stabilito da sé il proprio compenso per le funzioni d’ufficio, che dovrebbero limitarsi all’ordinaria amministrazione, attribuendosi il massimo della indennità di carica prevista per il presidente, pari a 62 mila euro netti annui.
Una situazione, insomma, che supera ogni limite di decenza e che va fermata subito, prima che i danni diventino irreparabili. Di fronte ad un simile quadro chiunque abbia il potere di intervenire o di incidere nella vicenda e non lo fa, non può essere che complice.