“Condannato” anche in Cassazione un cittadino avellano sorpreso a bruciare residui vegetali. Ecco cosa si rischia

Condannato anche in Cassazione un cittadino avellano sorpreso a bruciare residui vegetali. Ecco cosa si rischia

Quello degli abbruciamenti dei residui vegetali è uno dei problemi che affligge la maggior parte dei cittadini delle nostra aree che sono costretti a chiudersi in casa per i fumi emessi dal bruciare i residui vegetali dei terreni agricoli  soprattutto nei periodi che precedono la raccolta delle nocciole, castagne ecc. Sono diversi anni che vengono emesse ordinanze di divieto nei mesi estivi ma nonostante ciò si continua ad infrangere la legge. Così come un avellano nel 2013 fu sorpreso ad agosto del 2013 a bruciare fogliame e per questo denunciato. A circa 5 anni arriva anche la decisione dell’ultimo grado di giudizio, la Cassazione che riportiamo.

Il Tribunale di Avellino con una sentenza del 16 maggio 2016, aveva condannato un avellano M. P. alla pena di C 3.400,00 relativamente ai reati di cui agli art. 81, comma 2, 674, cod. pen. e 256, comma 1, lettera A9, in relazione all’art. 185, lettera F), d. Igs. 152/2006, perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso effettuava, senza alcuna autorizzazione, un’attività di smaltimento mediante incenerimento a terra, di scarti vegetali (rifiuti speciali non pericolosi CER 02.01.03), in tal modo illegalmente provocando, in un luogo di pubblico transito e comunque verso luoghi privati di altrui uso, fumi atti ad offendere o molestare le persone. Il 10 agosto 2013.

L’imputato a questa sentenza ha proposto ricorso, personalmente, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’ad 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 2. 1. Violazione di legge, art. 256 bis, comma 6, e art. 182, comma 6 bis, d. Igs. 152 del 2006.

La normativa applicabile al settore agricolo, con la legge 11 agosto 2014, n. 116, ha subito una modifica mediante l’introduzione di ipotesi di esclusione della punibilità, con l’aggiunta del comma 6 bis, all’art. 182 e con la modifica del comma 6, dell’art. 256 bis, d. Igs. 152/2006. Le sanzioni penali per la combustione illecita di rifiuti non si applicano, pertanto, all’abbruciamento di materiale agricolo forestale naturale, anche derivato dal verde pubblico o privato. Le stesse costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione di rifiuti, purché relativa ad una quantità giornaliera non  superiore a 3 metri steri, per ettaro.

Nel caso di specie il ricorrente stava provvedendo all’abbruciamento di fogliame di scarti vegetali, raggruppati in un piccolo cumulo, largo 2 m. e alto circa 1 m., su terreno di proprietà. L’attività, Corte di Cassazione – copia non ufficiale quindi, non è andata oltre i limiti quantitativi indicati dal legislatore  nell’art. 182, comma 6 bis, d. Igs. 152/2006.

  1. 2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La sentenza impugnata è motivata solo apparentemente, in considerazione dell’assenza di riferimenti ai passaggi logico giuridici attraverso i quali si è articolato il ragionamento del Tribunale. Il giudice avrebbe dovuto richiamare, nella parte motiva del provvedimento impugnato, l’atto della regione Campania con il quale si escludeva la possibilità dello svolgimento della pratica agricola contestata, per alto rischio di incendi boschivi, non potendo tale valutazione essere rimessa alla sensibilità dell’organo giudicante. In assenza di un atto ufficiale della Regione, infatti, il Tribunale non poteva escludere l’applicabilità dell’esimente richiesta dalla difesa.

Inoltre senza alcuna motivazione, sulla configurabilità del reato di cui all’articolo 674, cod. pen., è stata ritenuta provata la contestata contravvenzione con l’aumento della pena, da C 2.600,00 ad C 3.400,00.

  1. 3. Violazione di legge, art. 674, cod. pen.Il reato di cui all’articolo 674, cod. pen. sussiste laddove le emissioni di gas, vapore o fumo siano atte ad offendere o molestare le persone, dovendo farsi rientrare nel concetto di molestia tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete. In dibattimento è emerso che la P.G.

intervenuta sui luoghi constatava la presenza di tanto fumo. Nessun accertamento è stato effettuato sull’attitudine offensiva del fumo. In assenza quindi di elementi che consentano di ritenere provato che l’emissione di fumo superasse i limiti della normale tollerabilità, il Tribunale avrebbe dovuto emettere sentenza di assoluzione, perché il fatto non costituisce reato.

Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, articolato in fatto, e valutato nel suo complesso richiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto, non consentita in sede di legittimità.

La decisione impugnata contiene adeguata motivazione, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, sulla responsabilità del ricorrente, relativamente ad entrambi i reati contestati.

In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa  rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 – dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).

  1. 1. Il ricorrente ritiene legittimo il suo comportamento ai sensi dell’art. 182, comma 6 bis, d. Igs. 152 del 2006, che prevede come normale pratica agricola (non vietata dalla legge penale) le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali. La sentenza  impugnata  opportunamente  rileva  che l’abbruciamento è intervenuto nel periodo vietato, di alto rischio per gli incendi, il 10 agosto 2013.

E’ la stessa norma dell’art. 182, comma 6 bis, d. Igs. 152/2006 a prevedere espressamente il divieto di combustione nei periodi di massimo rischio per gli incendi; periodo dichiarato dalle Regioni, nel caso la regione Campania ha determinato il periodo del divieto dal 22 luglio al 30 settembre 2013, con il Decreto Presidenziale n. 157 del 18 luglio 2013.

3 Corte di Cassazione – copia non ufficiale del resto « In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all’art. 256, comma , lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall’articolo 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell’art. 255 del citato d.lgs. n. 152» (Sez. 3, n. 38658 del 15/06/2017 – dep. 02/08/2017, Pizzo, Rv. 27089701).

L’onere della prova della liceità, competeva, comunque, al ricorrente: « In tema di gestione dei rifiuti, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità delle attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. Igs. 3 aprile 2006 n. 152 incombe su colui che ne invoca l’applicazione» (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016 – dep. 10/02/2016, Lazzarini, Rv. 26583901).

  1. Anche l’ulteriore motivo del ricorso risulta manifestamente infondato e generico, poiché per l’accertamento del reato di cui all’art. 674, cod. pen. non è necessaria nessuna perizia, ma il giudice può fondare il proprio convincimento sulla base di altre prove, nel caso le dichiarazioni testimoniali della P.G. che ha riferito del «tanto fumo» (Sez.

3, n. 5504 del 12/01/2016 – dep. 10/02/2016, Lazzarini, Rv. 26583901).  Del resto la P.G. è intervenuta su segnalazione circa la presenza di un fuoco. Si tratta di un evidente accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità.

  1. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di C 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale

P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso, il 8/02/2018.