Sono risultate praticamente azzerate le importazioni di grano duro dal Canada nel gennaio 2018 dopo che nel 2017 erano già crollate del 29%. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat dalla quale si evidenzia che il Paese nordamericano dopo molti anni ha drasticamente perso il ruolo di leader dei Paesi esportatori di grano in Italia. Si tratta degli effetti del generale riposizionamento dell’industria pastaia in una situazione in cui il Canada – sottolinea la Coldiretti – è stato fino ad ora il principale fornitore di grano duro dell’Italia per un quantitativo che nel 2017 è stato pari a 720milioni di chili a fronte di 4,3 miliardi di chili prodotti in Italia. In altre parole – precisa la Coldiretti – un pacco di pasta su sei prodotto in Italia era ottenuto con grano canadese. Il drastico cambiamento – sottolinea la Coldiretti – è stato determinato dal fatto che in Canada il grano duro viene trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate in Italia, come denunciato piu’ volte dalla Coldiretti. Il crollo dell’import è una risposta alla domanda dei consumatori che chiedono in misura crescente la garanzia di italianità della pasta acquistata come dimostra la rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, da FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino a “Voiello” che fa capo al Gruppo Barilla,e a Divella che in questi anni ha avviato un percorso di filiera in Puglia con grano 100% italiano frutto della ricerca SIS, società leader nel settore sementiero. In questo contesto è stato siglato in Italia il più grande accordo sul grano biologico mai realizzato al mondo per quantitativi e superfici coinvolte tra Coldiretti, Consorzi agrari d’Italia, Fdai (Firmato dagli agricoltori italiani) e il Gruppo Casillo che prevede la fornitura di 300 milioni di chili di grano duro biologico destinato alla pasta e 300 milioni di chili di grano tenero all’anno per la panificazione. L’intesa – conclude la Coldiretti – ha una durata di tre anni con la possibilità di una proroga per altri due, per un totale di 5 anni.
“Questa tendenza – commenta Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – dimostra che l’industria agroalimentare sta comprendendo il messaggio che Coldiretti ha lanciato con forza: i consumatori pretendono trasparenza e autenticità. Il grano, che è stato sempre trattato come una commodity indistinta e indistinguibile nel processo di lavorazione, è percepito oggi come un elemento che può esprimere alta qualità e che serve a realizzare la pasta, il prodotto più diffuso sulle nostre tavole. Un cambiamento che ci proietta in una condizione nuova, nella quale non sarà più possibile far crollare i prezzi sotto le trebbie sbarcando grano nei porti durante la mietitura, magari raccontando che il grano italiano ha qualità inferiore. È una fase nuova che si apre e che conferma le opportunità che contratti di filiera chiari tra agricoltori e agroindustria possono generare, sia per l’economia che per il territorio”.