Il post del consigliere regionale per le Aree Interne Francesco Todisco.
“L’ennesimo decreto di Conte di difficoltosa interpretazione rischia di consegnarci un disastro fra due settimane. Le immagini di ieri sul lungomare di Napoli e per la città di Avellino ci dicono che è passato un messaggio assolutamente sbagliato. Che il peggio sia passato: non è così.
La pressa di questa fase di molti portatori di interessi (tutti legittimi e sacrosanti) rischia di essere controproducente. Ho paura che pochissimi l’abbiano veramente capito. I morti li stiamo ancora contando a centinaia al giorno. E questa fretta, che diventa superficialità normativa, può portare a disastri peggiori.
Sono consapevole che occorre una ripartenza, ma questa ha bisogno di criteri di sicurezza socio-sanitaria su cui Conte non ha detto una parola.
Intanto, va detto con chiarezza che la situazione epidemiologica cambia da regione a regione, da territorio a territorio. E pensare che la ripartenza possa essere la stessa a Lodi come a Crotone è assolutamente folle. C’è bisogno di atti che tengano conto delle differenze. E meno male che alcune Regioni hanno saputo dare risposte adeguate, interpretando le peculiarità specifiche del proprio territorio, perché, se così non fosse stato, le proporzioni della tragedia sarebbero state di gran lunga maggiori.
Una diagnostica diffusa è necessaria. Leggete il drammatico appello dei biologi italiani che si trovano in una vera e propria babele amministrativa. Il governo parla poco e male su questo punto.
Fare i tamponi a tutti è impossibile: per ragioni produttive, logistiche, di processi analitici. Ciò che si può fare è selezionare attraverso un circuito diagnostico, definito nelle sue singole parti, i gruppi di persone da monitorare: persone con sintomi, operatori sanitari, lavoratori, persone anziane, persone con determinate patologie e così via, fino ad avere un numero sempre più consistente di persone analizzate. Senza alcun dramma rispetto agli eventuali nuovi contagi, perché a fronte di questi bisogna avere delle regole certe che ne consentano l’isolamento, il controllo dei suoi movimenti precedenti e così via.
Il fatto che il numero dei posti occupati di terapia intensiva sia drasticamente diminuito è una diretta conseguenza del lockdown. Ma, sempre, il caso della Lombardia ci insegna che bastano poche ore perché quei posti si riempiano. E l’ospedale, oltretutto, non può che essere l’extrema ratio della risposta al covid.
Il monitoraggio e la medicina territoriale sono le risposte più importanti che lo Stato possa costruire.
Ci vogliamo aggiungere che il comitato tecnico scientifico del Governo ha tardato e sta tardando a dare risposte significative in questo senso? Un domani avremo le idee più chiare su questo ritardo e potremo giudicare, ma oggi il Governo non può ridursi a essere un semaforo che accende il rosso, il verde e, il più delle volte, un amletico arancione. Deve dettare i tempi di un ritorno alla vita, stravolto dal covid, attraverso modalità certe in cui possono svolgersi le attività dei cittadini e offrendo un quadro chiaro del monitoraggio sanitario delle loro condizioni di salute”.