di Sabato Covone
Il 19 maggio del 2017 il governo Gentiloni ha approvato un decreto legge per l’introduzione dell’obbligatorietà di diversi vaccini, convertito in legge il 28 luglio. A quel punto si sono scatenate le ire degli anti-vaccinisti italiani, a cui si sono ribellati numerosi intellettuali. Gli strenui sostenitori del rimedio clinico hanno cominciato ad affermare che la Scienza non è democratica. L’idea dei vari Piero Angela e Roberto Burioni è che non tutte le scoperte scientifiche siano sottoponibili a continua revisione: una volta che si è accertata una verità bisogna applicare la soluzione, senza porsi costantemente il problema della sua opportunità. Vi sarebbe, insomma, una sorta di dittatura delle scelte compiute precedentemente, dettate dal progresso tecnologico. Sarebbe incontrovertibile, inoppugnabile, qualsiasi concetto affermato dopo anni di studi e di ricerche. Non è vero. La suggestione di studiosi e divulgatori non sarebbe nemmeno corroborata da un sentenza emessa il 13 luglio 2018, che ha bollato come falsa la notizia secondo la quale migliaia di bambini sarebbero stati danneggiati da un vaccino.
Dato per certo che i vaccini siano essenziali (le opinioni dei “no-vax” lasciano il tempo che trovano) è sbagliato dire che la Tecnica sia dispotica. Ripercorrendo le fasi che portano ad una rigorosa analisi scientifica è facile confutare il pensiero di Angela e Burioni. Il metodo scientifico per eccellenza, infatti, è di tipo induttivo: ciò vuol dire che si parte dai casi concreti per arrivare ad una legge generale. I ricercatori iniziano con l’osservazione del fenomeno naturale, poi, una volta elaborata un’ipotesi, si avviano gli esperimenti, per verificare come un certo meccanismo (od organismo) reagisca ad una determinata sostanza (o stimolo), in modo da soddisfare le condizioni pensate prima. I risultati vengono interpretati per valutare se la tesi sia confermata oppure no. Qualora la prima visione sia errata le sperimentazioni proseguono; se la prima impressione è avvalorata dai riscontri si sviluppa une teoria, si definisce un principio. A questo punto entra in gioco la democrazia scientifica.
Uno studioso, dopo aver ripetuto varie volte un test, che lo ha condotto ad una conclusione, si sente pronto per divulgare le proprie rivelazioni. Uno statista, in un sistema come quello democratico, fa la stessa cosa quando vuole introdurre una norma: parte dal caso concreto, si fa un’idea, cerca riscontri, pensa ad una proposta politica. Prendiamo il caso base del parlamentare e chiediamoci cosa accada nel momento in cui il disegno di legge viene presentato. I partiti, inseriti nelle specifiche commissioni, devono approfondire il tema e capire quanto sia fattibile la proposta avanzata dal loro collega. Alla fine, se il deputato o senatore di turno ha ragione, si passa all’esame delle Camere. A livello scientifico accade qualcosa di più tirannico? Assolutamente no. Lo studioso pubblica la descrizione del proprio impegno su una rivista specializzata, cosi che la comunità scientifica possa sapere cosa è stato scoperto, per farsene un’idea e, eventualmente, per verificare se sia corretta. Pertanto la comunità scientifica non è altro che un parlamento, il quale analizza le proposte di un suo membro per farle approvare o per respingerle.
Se la Conoscenza non fosse democratica non si spiegherebbero tutte quelle polemiche dovute agli sforzi di Einstein o, prima ancora, di Galilei, non certo accolti come dei profeti nel momento in cui presentavano al mondo le proprie convinzioni. Nessuno dei due ha imposto con la forza le proprie idee, costringendo gli altri a credervi. Quando certe scoperte rivoluzionarie hanno luogo molti scienziati storcono il naso, ma non è ciò che accadde in Italia quando fu promulgata la legge sull’aborto? In entrambe le circostanze non si fa altro che esercitare le facoltà previste da un regime democratico, che consente a ciascuno di dire la propria e, soprattutto, di dimostrare agli altri di avere ragione. Il fulcro di una democrazia sta nel diritto di ognuno a sentirsi egualmente legittimato, assieme agli altri, nel tentare di migliorare il contesto in cui vive. La partecipazione alla vita democratica ci rende liberi, perché autonomi e consapevoli di contribuire, se si vuole, ad un qualcosa di collettivo…aiutare se stessi e chi ci sta intorno allo stesso tempo.
L’equivoco è altrove. L’espressione <<La Scienza non è democratica>> sembra significare che non tutti abbiano il diritto di dire e di fare ciò che vogliono, se qualcuno di più competente si è espresso diversamente. Chi ha studiato parla, gli altri tacciono e ascoltano. In politica avviene lo stesso fenomeno? C’è qualcuno, qualificato in quanto eletto, che ha l’incarico di occuparsi della società, ma i votanti non possono fare altro che rispettare ciò che hanno delineato i propri rappresentanti? Che senso avrebbero dunque le petizioni, i referendum, le proposte di legge popolare, le proteste di piazza e gli scioperi? Allora il discorso cambia per la politica, ma come funziona con la Conoscenza? Non si deve dire che il Sapere non è democratico, ma che la Scienza non permette chiacchiere popolane contrarie a ciò che è stato appurato in via definitiva da persone più competenti. Il rispetto di una legge è simile. Nessuno può vivere violando una norma, ma ciò non rende quel regime poco democratico, bensì rigoroso nel rispetto dei propri precetti…allo stesso modo della Tecnica. Non si può parlare a vanvera dopo che una ipotesi è stata riscontrata da una quantità enorme di ricercatori e di pazienti, così come non si può discutere un principio legale se questo ha favorito la maggioranza dei consociati. Certamente alcuni individui potranno subire effetti indesiderati dall’applicazione di una norma o di una teoria, ma ciò non può privare di credibilità una soluzione che ha apportato miglioramenti sicuri. Qui semmai si pone il problema dell’obbligatorietà dei vaccini, non della loro utilità. Purtroppo diverse persone possono reagire in modo dannoso per sé alla somministrazione, ma è innegabile che il numero di persone salvate da tali strumenti sia elevatissimo.
La Scienza è democratica ma, allo stesso modo di una politica democratica, contiene talvolta una sfaccettatura coattiva, in base alla quale bisogna fare ciò che è stato assimilato senza punti oscuri.
I problemi saranno altri, poiché in un’epoca di nichilismo estremo siamo portati a pensare che tutto sia opinabile, che ogni parere sia valido, che è cosa ben diversa dal dire che ogni riflessione può essere validamente detta. A Nietzsche hanno attribuito l’aforisma <<Non esistono verità, e nemmeno questa è una verità>>. Vero o falso che un filosofo l’abbia pronunciata, vero o falso che quel filosofo e non un altro l’abbia esternata, resta il nodo cruciale: esistono verità universali? Nella nostra epoca tutto appare relativo, ma non bisogna mostrarsi così sospettosi e ritenere che nessun principio possa essere sicuro. <<Rispetta la mia opinione>> è un comandamento sempre ricorrente durante le discussioni e non c’è dubbio che sia corretto; <<Sforzati di condividere il mio pensiero>> è tutt’altra storia! Evelin Beatrice Hall (September 28, 1868 – April 13, 1956; Shooter’s Hill, Kent) nel 1906 scrisse “Gli amici di Voltaire”, nel quale è contenuta la celeberrima frase attribuita al pensatore francese: <<Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo>>, cioè è un concetto ben diverso rispetto a: <<Difenderò fino alla morte la tua pretesa di avere ragione>>. Ecco perché la citazione <<la velocità della luce non è stata decisa per alzata di mano>>, ripresa da Piero Angela, non può essere fino in fondo accettata. E’ vero che ci sono stati degli studi approfonditi per dimostrare il fenomeno e che nessuno poi lo abbia confutato, ma non per questo motivo si può dire che non sia stato meditato e che, al contrario, sia frutto di una costrizione. Se vi fossero elementi per ritenere che la legge politica o la teoria scientifica sia obsoleta? Quante scoperte, che sembravano certe, sono state smentite in un secondo momento? Se la Scienza non fosse democratica oggi non potremmo dire col sorriso sulle labbra che Freud o tanti altri autorevolissimi scienziati avevano commesso degli errori. Qualcuno di noi ricorda come erano rappresentati taluni dinosauri fino a qualche tempo fa? I numerosissimi rilievi hanno dimostrato che le prime ricostruzioni erano fallaci.
In definitiva si può convenire che nelle democrazie esistano divieti, di dire e di fare, ma successivi ad una riflessione; al contrario degli autoritarismi, nei quali le proibizioni arrivano a priori. A quale sistema appartiene la Scienza? Le cosiddette intuizioni bastano nel campo dello sviluppo tecnologico o c’è bisogno di qualcuno che controlli la loro fattibilità? Ci si può pigramente accontentare della prima dimostrazione o confutazione, o bisogna sempre essere pronti, in caso di fondati elementi, a rivedere la propria o l’altrui visione? A patto che le osservazioni provengano da persone dotate delle stesse conoscenze di colore che hanno elaborato il convincimento precedente, bisogna essere sempre solerti a verificare se ci sia possibilità di rivedere l’assunto ormai consolidato. Per giunta ricordiamoci che le monarchie sono quasi del tutto scomparse e che le dittature, sovente, precipitano nel sangue…forse forse ci conviene essere democratici.