E’ scomparso all’età di 95 anni ad Avellino, dove risiedeva e viveva da decenni. E’ stata tra le più importanti figure del Partito comunista in Irpinia negli anni del secondo dopo-guerra mondiale. Impegnato nelle lotte politiche per i diritti dei contadini e per la tutela dei diritti civili ed economici dei lavoratori e delle lavoratrici, è stato autorevole dirigente della Cigil. Sindaco e consigliere comunale di lungo corso nella natia Baiano, è stato consigliere provinciale per quattro mandati consecutivi. Il ruolo nell’Ufficio esteri delle “Botteghe Oscure” nell’Associazione delle relazioni Italia–Romania prima del crollo del Muro di Berlino e le missioni a Bucarest.
di Gianni Amodeo
…. ” Mi è sembrato che migliaia e migliaia di mani protese mi sospingessero verso l’ingresso di palazzo Montecitorio. Ho provato e vissuto un’emozione nuova e forte per il carico di speranze e la fiducia di popolo di cui sono investito”….
Si espresse così – ed è un frammento verbale citato a memoria- nell’incipit del discorso che l’on.le Stefano Vetrano pronunciò nella natia Baiano dal palco – testimone di tante “battaglie” e invettive politiche scagliate verso la Democrazia cristiana, per contestarle il sistema e l’egemonia di potere che praticava a tutti i livelli, territoriali e istituzionali- allestito proprio nelle vicinanze dell’allora sede del Pci nel palazzo comunale e che apriva i battenti su corso Garibaldi. Furono parole semplici, dettate da sincera e schietta commozione, come di chi ha compiuto un faticoso cammino e ne resta soddisfatto nell’intimo, e pronunciate appena qualche giorno dopo la cerimonia d’insediamento dei neo-componenti della Camera dei deputati per l’apertura della quinta legislatura il 5 giugno del 1968 – con la presidenza di Sandro Pertini, mentre Giuseppe Saragat era il presidente della Repubblica e Giovanni Leone presidente del Consiglio dei ministri- nel comizio indetto e organizzato per onorarne l’elezione a suffragio universale secondo l’ordinamento democratico e repubblicano nel collegio Avellino–Benevento–Salerno. Una manifestazione di affetto e di slancio corale che gli fu resa all’on.le Vetrano da una folla plaudente, raccolta nei piazzali di piazza Francesco Napolitano e sul corso Garibaldi.
IL “POPOLARE” VINCENZO BOCCIERI, PREDECESSORE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
In realtà, a sedere sugli scranni di palazzo Montecitorio, nei convulsi e difficili anni che seguirono la Grande guerra era stato preceduto nella tornata delle “legislative” del novembre del 1919 da un altro concittadino, il professore Vincenzo Boccieri – bibliofilo di grande rango e acume d’ingegno, che aveva conseguito la laurea in Lettere classiche e in Giurisprudenza, docente di Latino e Greco per lunghi anni nei Licei- in rappresentanza del Partito popolare italiano, lo schieramento di matrice laica, a–confessionale e interclassista –alternativo per vari aspetti alla Democrazia cristiana ispirata dal radicaleggiante pensiero di don Romolo Murri– fondato nello stesso anno da don Luigi Sturzo, per una legislatura che durò appena due anni; legislatura, a cui avrebbero fatto seguito le elezioni politiche del ’21 e l’avvento del regime fascista con la Marcia su Roma del 28 ottobre del ’22, con l’assetto istituzionale che assunse la connotazione della diarchia, coniugando l’ordinamento monarchico dello Statuto albertino con il sistema corporativo.
E Vincenzo Boccieri fu l’unico parlamentare eletto per il Partito popolare nel Collegio di Avellino, che espresse sette deputati un secolo fa circa, nella tornata in cui per la prima volta nell’ordinamento parlamentare del Regno d’Italia si applicò la legge proporzionale, con il suffragio universale di genere maschile – non più limitato al censo- per l’età anagrafica minima dei 21 anni e per i minorenni che avevano prestato il servizio militare; e questi ultimi, erano i ragazzi del ’99, spediti in trincea all’età di 16 anni e che avevano partecipato al conflitto del ’14–18. Un conflitto, retoricamente enfatizzato con l’insegna della Grande guerra, che con singolare ed acuto senso storico Benedetto XV preconizzò con i tragici profili dell’“Inutile strage” e del “Suicidio dell’Europa”, tentando di scongiurarne i disastrosi e distruttivi effetti, ma inutilmente, con l’accorato e lucido appello alla ragione diretto- nel 1917– ai Capi dei popoli belligeranti proprio di quell’Europa in permanente condizione di contrasto con se stessa e che in superba presunzione di se stessa si atteggiava quale fulcro della geopolitica internazionale per i lunghi ed estesi ancoraggi, di cui disponeva nel cinico e spregiudicato esercizio del plurisecolare saccheggio di risorse e sfruttamento colonialistico dell’Africa e in misura minore dell’Asia.
UNA SCELTA DI VITA. IL PCI “MUNICIPALISTA” TRA LA VALLE MUNJANENSE E LA VALLE DEL CLANIO
L’approdo alla Camera dei deputati per Stefano Vetrano – laureato nel ’48 nell’Ateneo federiciano in Chimica industriale che non esercitò mai quale attività professionale- segnò il massimo riconoscimento e l’apice della scelta di vita radicale che aveva compiuto, interamente vissuta e dedicata ai meno abbienti, alle idealità e alla politica del Partito comunista italiano, di cui nei duri anni del dopo-guerra, si rese convinto promotore e tenace organizzatore sul territorio, sia quello racchiuso tra la Valle munjanense e la Valle dell’ Alto Clanio, sia quello del Vallo di Lauro, concorrendo a svilupparne l’assetto politico nell’ambito della provincia irpina. Un percorso che sviluppò con l’attiva partecipazione a tutte le articolazioni delle categorie sociali che facevano riferimento al Pci e, in particolare, allo sviluppo della capacità di rappresentanza della Confederazione generale italiana del lavoro, il sindacato di cui Giuseppe Di Vittorio costituì l’espressione più forte e compiuta nel promuovere le dinamiche dello sviluppo della democrazia e delle libertà civili per le classi dei lavoratori e operaie.
Per Stefano Vetrano, l’elezione quale parlamentare nazionale per la V legislatura dell’ordinamento repubblicano dello Stato democratico, a cui sarebbe seguita quella per la VI legislatura, conclusa nel ‘78 , costituì il tassello conclusivo di un lungo cursus politico compiuto nelle Istituzioni locali, sia da consigliere comunale che come “primo cittadino” di Baiano, del cui collegio, che riproduceva l’abrogato ambito mandamentale, comprensivo dei Comuni di Mugnano del Cardinale, Quadrelle, Sirignano, Avella, Sperone e Baiano appunto, esercitò per quattro mandati consecutivi le funzioni di consigliere provinciale nel “Parlamentino” irpino dal 1952 al 1968. E proprio il contesto del collegio provinciale del Baianese si consolidò e stratificò per oltre trenta anni una delle presenze più attive del Pci in Irpinia con il controllo diretto -attraverso le compagini maggioritarie della Sinistra unitaria con la presenza di candidati eletti come “indipendenti”- delle sei amministrazioni comunali da cui era costituito. Una generale preponderanza nelle municipalità locali prolungata e costante, quella del Pci e delle compagini elettorali che esprimeva, “favorita” nei successi delle urne anche dagli aspri contrasti delle “correnti” che albergavano in casa-Dc e che spesso si auto-annullavano. Era la preponderanza, a cui, però, non corrispondeva quella del consenso nelle elezioni legislative che finivano per premiare,invece, la rappresentanza politica della Democrazia cristiana …. e le sue rissose “correnti” …. pacificate . Un modello di variabilità indipendente di consenso applicato dai cittadini, per avere sempre le “spalle” ben protette dalle “sicurezze” che il potere garantisce, in ambito locale e per le “buone” relazioni da curare …. con Avellino … e Roma.
LA DIGNITA’ DEL LAVORO E LE CONSERVIERE
Ma al di là di questi aspetti di costume – deteriori e deplorevoli, specie se si cede al giudizio moralistico e moraleggiante spesso scivoloso e superficiale – merita rilievo, invece, l’azione sindacale che tra gli anni ‘50 e gli iniziali anni ‘60 svolse la Cgil sul territorio, dando impulso e presenza alla Camera del lavoro, quale presidio di riferimento per l’osservanza dei principi delle giuste paghe salariali, per il rispetto delle tutele di legge per la previdenza e gli ambienti di lavoro negli opifici, in cui venivano praticate la solforazione delle ciliegie per le produzioni destinate all’esportazione sui mercati inglesi e statunitensi, in particolare, e la lavorazione delle carni insaccate per i mercati regionali italiani, con il prodotto tipico del salame–Mugnano. Erano opifici a conduzione familiare per il lavoro “stagionale” che poteva “coprire” larga parte dell’anno, impegnando fino ad un migliaio di donne. Ed erano, queste ultime, le conserviere obbligate a sottostare a condizioni di lavoro “impossibili”, tra acidi, conservanti e reagenti chimici, gli insidiosi nitrati e nitriti con esposizione a gravi rischi per la comun salute. Fu un’azione, condotta da Stefano Vetrano, con comizi di calda e fervida passione civile, scioperi, manifestazioni di protesta ed iniziative nel “triangolo” Mugnano del Cardinale–Baiano–Avella. Una testimonianza incisiva di “pedagogia sociale” calata nella concretezza del reale per il rispetto della dignità del lavoro, diritto costituzionale primario. E le tutele rivendicate furono riconosciute, com’era giusto che fosse. Una conquista che oggi dice poco o quasi niente, ma che diceva “molto”, se rapportata ad oltre mezzo secolo fa. E’ il “molto”, che fa richiamare il canone d’interpretativo di fatti e accadimenti storici utilizzato con finezza e insuperata acutezza di analisi dal sommo Tucidide; canone, per il quale i forti fanno quello che possono e vogliono fare, mentre i deboli patiscono e soffrono quello che devono patire per assuefazione, imposizione e altro.
Le azioni di piazza per la difesa e valorizzazione del lavoro femminile si saldavano, in quegli anni in cui la democrazia repubblicana muoveva i primi passi per l’attuazione dei valori dell’elevazione civile ed economica, con le lotte a favore dei contadini con l’occupazione delle terre dei latifondi dell’Alta Irpinia e di tutela e riscatto per il lavoro dei fittavoli e dei braccianti agricoli, vessati- i primi- dai grandi proprietari terrieri per il pagamento di prestazioni e canoni esosi e- i secondi- dalla precarietà e dai bassi salari. Furono lotte che concorsero a formare i tasselli della legge di riforma agraria, con la relativa normativa, segnatamente in materia di fitti rustici ad equo canone. Una riforma, a cavallo degli anni ’50 e ’60, giunta in ritardo, quando lo spopolamento delle campagne prendeva forma per il grande flusso migratorio interno dal Sud verso il Nord e la Germania federale. Ma questo è un altro discorso di politica generale e nazionale.
Di certo, nell’esperienza politica dell’on.le Stefano Vetrano uno spazio particolare è attraversato dallo sguardo orientato verso il mondo sovietico e la realtà che rappresentava per l’Europa dell’Est. Uno spazio, per il quale ebbe un ruolo di rilievo nell’Ufficio esteri delle “Botteghe Oscure”, coordinando le attività dell’Associazione dedita agli scambi culturali tra l’Italia e la Romania. E varie furono le missioni compiute a Bucarest – con la partecipazione anche di studenti universitari e amministratori comunali del territorio- guidate dal parlamentare. Era la Bucarest della dura ed oppressiva dittatura di Nicolae Ceausescu, travolto nel 1989 dal crollo del Muro di Berlino; crollo che costituì l’implosione dell’Urss e dell’intero sistema politico-economico su cui era strutturata con il dirigismo delle pianificazioni economiche pluriennali, con lo statalismo diffuso in tutte le attività produttive. Era il definitivo tramonto del bi-polarismo Usa–Urss, di cui era stato un solido caposaldo la Pace di Yalta del ’45, mentre si venivano ampliando gli orizzonti dell’Europa comunitaria verso la globalizzazione multipolare contemporanea.
Una svolta verso un mondo più giusto e aperto che – è lecito presumerlo- per l’on.le Stefano Vetrano, promotore dei diritti di cittadinanza come dei diritti sociali ed economici di contadini e conserviere di oltre mezzo secolo fa per la formazione della democrazia matura dei nostri giorni, non ha rappresentato affatto un elemento di contraddizione con la sua visione libera e “liberale” della società.