di Gianni Amodeo
Sono largamente ridimensionate, com’è normale che sia, rispetto alla partecipazione pubblica, le iniziative e le manifestazioni, indette e organizzate per l’ odierna giornata negli ambiti sia del mondo universitario e scolastico che dell’associazionismo sociale e culturale per la prima edizione della Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, di cui l’anno prossimo- il 21 settembre- ricorre il 700.mo anniversario della morte, a Ravenna. Sono le iniziative e le manifestazioni, promosse per celebrare ed onorare il “Padre” della lingua italiana, la lingua del “dolce sì” identificativa del Bel Paese, già Nazione – ancorché composita e variegata per la storia delle sue Città, con il suo vasto patrimonio di Cultura viva, dalla Letteratura alle Scienze, dalle Arti alla Filosofia e ben partecipe della modernità europea ed occidentale – prima che ne assumesse la connotazione politica e territoriale di Stato nazionale. Ma non sono affatto affievolite le idealità che le ispirano nel segno dell’Italianità, i cui valori si coniugano al meglio e compiutamente con lo spirito di solidarietà e di condivisa comunanza tanto avvertito nei difficili e drammatici giorni che si vengono vivendo dappertutto nel mondo e che fanno risaltare l’intrinseca fragilità dell’umana condizione esistenziale.
Istituita ufficialmente a gennaio dal Consiglio dei Ministri, accogliendo le istanze degli amanti e dei cultori della lingua italiana e dell’Accademia della Crusca coincide con il 25 marzo, considerato l’inizio del Viaggio oltremondano, del quale il Sommo poeta si fa pellegrino e narrante, al contempo, con le speciali e straordinarie guide di Virgilio, simbolo dell’umana ragione, veicolo di conoscenza, e di Beatrice, trasfigurazione della grazia rivelata e della verità. E’ Dante pellegrino, che diventa il narrante acuto e visionario nella riscoperta di sé e dell’umanità nel perenne e lacerante dissidio tra il bene e il male.
Il Dantedì della prima edizione si vivrà all’insegna dei social, con letture in streaming, performance nei luoghi più disparati, nelle sedi universitarie, nelle biblioteche e nei musei, avvalendosi e utilizzando i dispositivi della tecnologia informatica dell’ormai connessione interattiva a frontiere aperte. E ne saranno protagonisti giovani, docenti e cultori dell’ universalità poetica di Dante. Si reciteranno in piena libertà di scelta secondo i gusti e le sensibilità dei lettori. D’altro canto, nella Commedia c’è solo l’imbarazzo di scegliere anche e soprattutto per l’attualizzazione, a cui si presta il pensante verseggiare di Dante, ora puntuto,ora corrosivo, ora intensamente realistico che non ammette ipocrisie, anzi le fustiga con dura asprezza. E non si dimentichi che la Commedia fin dal Trecento è stata recitata in pubblico, nelle piazze e nelle chiese. Una popolarità eccezionale che parla da sola e che si conserva inalterata e integra. Ed in Toscana come in Emilia-Romagna puoi tranquillamente imbatterti in gente comune che ti spiattella versi della Commedia e ti consegna l’inconfondibile foto–fit di un discusso e discutibile soggetto pubblico per l’arte di magagne in danno del bene comune o di una situazione sociale.
L’apice della contemporaneità- e la Rai “coprirà” il Dantedì e IoleggoDante con una pregevole programmazione tutta da seguire di alto profilo- si toccherà alle ore 12. Da una città all’altra le “letture” della Commedia comporranno l’ideale tessitura di quella coesione di cui la società e l’umanità hanno tanto bisogno in queste ore. E tra le “ letture” merita attenzione quella proposta dall’Associazione degli italianisti. E’ la “lettura” che fa leva su “ Il canto di Ulisse” desunto da ”Se questo è un uomo” di Primo Levi. I versi sono del XXVI canto dell’”Inferno” – parte integrante dell’”orazione picciola”- e recitano … “Considerate vostra semenza:\ fatti non foste a vivere come bruti,\ ma per seguire virtute e conoscenza”.
Sono i versi, con cui Primo Levi affronta l’approccio con Jean per fargli apprendere la lingua italiana. Jean è alsaziano e condivide con lo scrittore la condizione di prigionia ad Auschwitz. Jean è il “Pikolo” di turno, l’addetto al rancio da distribuire agli internati che viene aiutato nell’incombenza dallo scrittore . La chiave significativa dei versi è costituita dalle scelte della virtù e della conoscenza con cui la dignità umana si salva e conserva; quella dignità che la follia nazista riconosceva soltanto alla razza cosiddetta pura. Era la disumanizzazione di popoli di razze ed etnie diverse e distinte dal popolo della Germania nazionalsocialista e ariana.