di Maurizio Barbato
Il 22 gennaio si sono incontrati a Davos, in Svizzera, i Ministri della Cultura di diversi Paesi europei oltre che i rappresentanti di organizzazioni internazionali come Unesco e Icomos, in occasione dell’Anno del patrimonio Europeo 2018, da cui è stato promulgato il documento battezzato “Dichiarazione di Davos – verso una BauKultur di alta qualità per l’Europa”.
Il documento, costituito da un elenco di dichiarazioni, pone il ruolo centrale della cultura nella progettazione dello spazio edificato, affermando che “…una cultura della costruzione di qualità non risponde dunque soltanto a esigenze funzionali, tecniche ed economiche, ma anche ai bisogni sociali e psicologici della popolazione”.
La dichiarazione fornisce indicazioni su come si possa e si debba inserire un’architettura moderna in un centro storico, tra un costruito di pregio, affinché la nuova architettura possa essere compatibile con il contesto esistente e con la socialità. Essa propone una pianificazione urbana ponderata su valori culturali che costituiscono il “genius loci”, il contesto tradizionale e culturale di un luogo.
Il tema è attuale e riguarda tante realtà in Italia ed in Europa. In particolare a Nola il sigillo Unesco intende tutelare le macchine a spalla ma, indirettamente, anche il grembo ove esse sono state concepite, realizzate e si esibiscono in processione, il centro storico. La modifica dei contestipotrebbe portare all’alterazione dei valori e del genius loci, dei fattori, dunque, che hanno determinato lo stesso sigillo.
Va considerato, tuttavia, quanto nel mondo i processi di innovazione tecnologica abbiano comportato cambiamenti che continuano ad incidere fortemente sull’organizzazione della vita e dei territori e quanto i meccanismi finanziari ed economici,legati ai detti cambiamenti,abbiano preso il sopravvento incidendo sul nostro stesso comportamento sempre meno empatico e privo di emozioni rispetto alle modifiche determinate sul territorio.
Una sorta di assopimento collettivo dove noi stessi, al sopraggiungere del dubbio sul perché di quel tipo di intervento edilizio piuttosto che di quella demolizione, ci acquetiamo con una frettolosa risposta o,disinteressandoci,ribaltiamo ad altri la responsabilità o giustifichiamo la circostanza perun’indefinitae improbabile priorità di natura economica.
Così,in parte,ci siamo autoesclusi dal settore decisionale sulla pianificazione e decoro urbano, che invece ci appartiene fortementeconsiderato che la pianificazione, per definizione, prevede la partecipazione dei cittadini.
Proprio a tal proposito l’ulteriore elemento di riflessione, contenuto nel documento “Verso una Baukultur”, si riferisce alla condizione, per la quale la cultura della costruzione di qualità non può che essere il prodotto di un dibattito tra i responsabili politici, le autorità competenti, i professionisti e, in particolare, con la società civile pienamente informata e sensibilizzata.
Lo scorso 4 giugno si è tenuto a Nola, nella chiesa dei santi Apostoli, il dibattito sul tema della demolizione e ricostruzione in centro storico, organizzato dalle associazioni Civitas, Legambiente e Mu.Sa. nel corso del quale l’ing. Maurizio Di Stefano,presidente emerito Icomos, oltre ad evidenziare l’importanza della dichiarazione di Davos, metteva in evidenza la necessità della partecipazione dei cittadini al processo di progettazione urbana:“Lo strumento della Baukultur è una nuova visione del sistema, una visione che vuole che nessun intervento sia finalizzato a sé stesso – dove gli obiettivi del restauro e della progettazione urbana – devono provenire dalla base, dalle associazioni, dalla società civile….è preferibile che l’errore provenga dalla base che non da quei pochi che hanno solo l’interesse della speculazione”.
La cultura del costruire si basa sulla partecipazione sociale che è l’elemento fondamentale per usare bene e in maniera collettivamente utile. Partecipazione attiva significa fare sistema e rendere il terreno fertile per la realizzazione di una pianificazione condivisa.