Un progetto per il quale si era scommesso poco e che risale al 2004 quello di offrire delle lezioni di yoga ai condannati del carcere di San Quentin, il celebre istituto di detenzione tra i più duri della California e che poi sta portando ottimi risultati per il miglioramento delle condizioni carcerarie e per facilitare il reinserimento dei detenuti. L’idea nasce da James Fox, un istruttore professionista che ha sviluppato “Prison Yoga”: una serie di lezioni settimanali concepite come uno spazio dove i detenuti imparano a fare i conti con il proprio passato, le difficoltà nel relazionarsi con gli altri e la mancanza di auto-controllo. Negli Stati Uniti, sei detenuti su dieci tornano dietro le sbarre nei tre anni successivi alla loro scarcerazione: un dato definito da più parti “allarmante”, che apre però la strada a programmi integrativi come quello di Prison Yoga. “Imparare la meditazione, il respiro e il rilassamento sono abilità che aiutano i carcerati ad affrontare al meglio sia la vita dietro le sbarre che quella che li aspetta nel ritorno nella società” racconta Fox. L’insegnante, originario di Chicago, negli ultimi sei anni ha formato oltre 1200 istruttori, pronti a lavorare in ambienti complessi come quelli delle carceri di massima sicurezza. “Oggi sono oltre 100 le case circondariali d’America che hanno aderito al nostro progetto – dice Fox – ma siamo convinti che presto ogni carcere del Paese vorrà offrire un servizio simile al nostro”. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” si tratta di un’idea da replicare in Italia dove le condizioni carcerarie e il sistema penitenziario non fanno alcun passo avanti da decenni per rendere meno dura la vita dietro le sbarre e facilitare il rientro in società.