E’ pari ad 84 miliardi di euro la soglia delle operazioni da ritenersi sospette, poste in essere nel circuito degli istituti di credito, dal Nord al Sud, e… viceversa. Il dato è fornito dal rapporto dell’ Unità d’informazione finanziaria, attivo in Bankitalia, inordineallesegnalazioniacquisite per il 2013 e per i primi sei mesi dell’anno in corso. E’ una “cifra” di rilevante portata, che “racconta” da sola la realtà nuda e cruda qual è, nel prospettare scenari ai limiti della legalità, se già non segnati del tutto dall’illegalità; scenari, afferenti alla complessità e alla dimensione sofisticata del riciclaggio di denaro, generato dalle attività illecite, che compongono la “sostanza” e l’aggressività dell’economia criminale.
Il rapporto dell’Uif evidenzia che leoperazionidaritenersisospette hanno raddoppiato la consistenza economica, rispetto all’entità che si era registrata nel 2012. Un dettaglio d’analisi decisamente preoccupante, di cui il documento propone anche le “fonti”, che ne hanno permesso la configurazione di risultato. Nella misura dell’83 % le segnalazioni sono state fornite dagli istituti di credito, con monitoraggi relativamente adeguati, così come sono previsti dalle normative. Gli studi professionali e i professionisti del settore, a loro volta, hanno procurato segnalazioni per uno stentato e scarno 4%. Nullo o quasi l’apporto delle molteplici articolazioni della pubblica amministrazione sui territori. E si annidano in questi ambiti le zone d’ombra, in cui si muovono ed operano i cosiddetti “colletti bianchi” in simbiosi con l’economia criminale, favorendone le dinamiche “espansive”.
Il documento permette di focalizzare i volti del “sistema-Italia”, incuila “speculazione finanziaria” degli ultimi trenta anni ha pressoché distrutto l’economia reale, produttiva e non assistita. Sono i voltisfuggenti di un’organizzazione economica, in cui il “riciclaggio del denaro sporco di delitti” la fa da padrone occulto e “mascherato”, con l’unico effetto di depotenziare e penalizzare l’economia sana e legale. Un quadro, le cui criticità si sono venute aggravando soprattutto dal 2007 in poi a fronte della spirale avvolgente della crisi, con cui si alimentano i fenomeni del progressivo sfilacciamento del tessuto sociale, in cui si insinua e ramifica la mala pianta dell’usura, che distrugge vite personali, famiglie, attività d’impresa.
E’ la situazione, che fa risaltare ancor più un contesto normativo a maglie larghe, in contrasto sia con gli standard internazionali che della stessa Unione europea. E, come se non bastasse la fragilità normativa, alla stessa Uif, per il delicato ruolo d’utilità sociale e di conclamato pubblico che assolve, non è riconosciuto neanche l’accesso ai dati investigativi e giudiziari. E’ il tabu del tentacolare segreto bancario, che, per un verso o per l’altro, si “conserva” nelle più disparate forme. E così si praticano i percorsi della cosiddetta finanza creativa, in genere a copertura della corruzione; percorsi, che “permettono” di utilizzare strumenti di investimento innovativi, “nascondendo” l’identità degli effettivi titolari delle operazioni speculative, per non dire del ricorso ai mandati fiduciari e alle catene societarie complesse con diramazioni internazionali, fino all’utilizzo dei trust.
Materia fluida, quella sottesa ai contenuti del rapporto dell’ Uif; materia, che fa lievitare l’economia criminale. E, per fronteggiarla, contrastandone i deteriori effetti sociali e sulle imprese attive nella legalità, non solo è richiesta la responsabile sinergia tra le istituzioni preposte, ma anche e soprattutto una stringente legislazione mirata, con congrue ed efficaci sanzioni, la cui osservanza sia affidata alle articolazioni dello Stato, in grado di avvalersi di personale di elevata professionalità e competenza.