Nel 1979, alla prima tornata elettorale europea, l’Italia fece registrare il maggior dato d’affluenza (85,65%) esclusi i paesi in cui il voto è obbligatorio (Belgio e Lussemburgo in questo caso), quando si votava solamente in nove paesi (Danimarca, Germania, Irlanda, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito, oltre appunto a Italia, Belgio e Lussemburgo).
Un dato pressoché straordinario, segno di una notevole affezione dell’italiano per il diritto di voto. Un dato mai più raggiunto e andato progressivamente calando, in maniera notevolissima.
Se nel 1984 votò comunque l’82,47% degli aventi diritto e nell’89 si confermava il primato per il terzo anno consecutivo (81,07%), mentre, nel frattempo, si erano uniti anche Grecia, Spagna e Portogallo, ecco arrivare la prima flessione significativa.
E’ il 1994. L’Italia è stata scossa da mani pulite, il 27 marzo Silvio Berlusconi vince le elezioni con Forza Italia, l’ondata campanilista-populista della Lega Nord è appena arrivata. Si vota il 12 giugno per il Parlamento Europeo, e va a votare il 73,6%. Paradossalmente, però, rimaniamo il primo paese per votanti (esclusi i soliti Belgio e Lussemburgo).
Nel 1999 il dato d’affluenza peggiora ancora: 69,76%. L’Italia cede il primato dei votanti percentuali nei paesi in cui il voto non è obbligatorio alla Grecia. Nel 2004, aiutati dall’election day in concomitanza con le amministrative, i numeri risalgono un po’: vota il 71,72% degli aventi diritto. Questa volta ci superano Malta e Cipro.
Nell’ultima tornata, si tocca il minimo assoluto per il nostro paese: 65,05%. Ma, clamorosamente, rimaniamo dietro solamente a Malta, perché nel frattempo l’affluenza nel resto d’Europa crolla.