Nell’ultima settimana in Europa c’è stato un vero e proprio boom di casi di West Nile, con oltre 300 segnalazioni tra il 24 e il 30 di agosto quando nell’intero anno ce n’erano stati 410. Secondo i dati rilevati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) tra il 24 e il 30 agosto 2018, gli Stati membri dell’Ue, hanno segnalato 300 casi umani di febbre del Nilo occidentale: Italia (144), Grecia (41), Romania (61), Ungheria (38), Francia (6), Austria (8), Croazia (1) e Slovenia (1). I paesi confinanti con l’UE hanno riportato 55 casi: Israele (49) ,Serbia (54) e Kosovo (1). Questa settimana sono stati segnalati 25 decessi da Romania (6), Serbia (6), Italia (7), Grecia (5) e Francia (1). Nella stessa settimana sono stati segnalati 13 focolai di equidi, tutti dell’Ungheria. Secondo il Friedrich-Loeffler-Institut (FLI), l’infezione da virus del Nilo occidentale è stata confermata per la prima volta negli uccelli in Germania. L’infezione è stata rilevata in due gufi morti in un parco di uccelli a Halle (fiume Saale), Sassonia-Anhalt, in Germania. In totale dall’inizio della sorveglianza i casi sono dunque 710, di cui quasi metà (327) in Italia, mentre i morti sono 64, di cui 21 in Serbia, 16 in Grecia e 13 nel nostro paese. Oltre ad aver registrato il maggior numero di casi degli ultimi anni, affermano gli esperti dell’Ecdc, il virus del Nilo Occidentale sta anche invadendo territori che non aveva toccato prima. Durante l’attuale stagione di trasmissione, sono state segnalate 77 epidemie tra equidi: da Italia (41), Ungheria (31) e Grecia (5). Poiché gli esperti ritengono che il collegamento fra il ciclo rurale e quello domestico è determinato da alcune zanzare della macchia che potrebbero penetrare negli ambienti domestici infettando il pollame o altri animali d’allevamento e da compagnia, i quali poi potrebbero essere punti da zanzare nella fase della viremia, si raccomanda di evitare, in zone a rischio, il contatto con animali deceduti e di prevenire la proliferazione delle zanzare limitando le superfici umide tra le quali, rende bene l’idea, il classico esempio del sottovaso sempre pieno d’acqua. È evidente, inoltre, che ai primi sintomi, bisogna rivolgersi al proprio medico di famiglia. Si ricorda, a tal proposito che gli indici segnalati sono rappresentati da febbre moderata dopo pochi giorni di incubazione, che dura da tre a sei giorni, accompagnata da malessere generalizzato, anoressia, nausea, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori muscolari), tosse, eruzioni cutanee, diarrea, linfadenopatia e difficoltà a respirare. In meno del 15% dei casi, negli anziani e nei soggetti più deboli, possono aggiungersi gravi complicazioni neurologiche quali meningite o encefalite. Non esistono al momento vaccini o trattamenti specifici, vengono di norma usati farmaci per alleviare la sintomatologia tipica della malattia. É, peraltro, importante sottolineare che l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ogni settimana pubblica un rapporto informativo sulla febbre del Nilo occidentale che comprende mappe della attuale distribuzione geografica dei casi autoctoni umani nell’UE e nei paesi limitrofi, tra cui un confronto con i dati precedenti, un aggiornamento della situazione e una tabella del numero di casi di paese e zona. Esso è pubblicato sul sito dell’istituzione europea ogni venerdì pomeriggio. L’obiettivo del progetto è quello di informare le autorità competenti responsabili per la sicurezza della salute delle aree nelle quali risulta possibile il contagio del virus del Nilo occidentale agli esseri umani al fine di sostenere la loro attuazione della normativa sulla sicurezza della salute. Secondo la normativa europea sulla sicurezza della salute, gli Stati membri devono avviare misure di controllo per assicurare la sicurezza in caso di casi di febbre del Nilo occidentale. Una sfida importante per l’attuazione del presente regolamento è la raccolta tempestiva di informazioni accurate sulle zone colpite.