di Carmine Montella
Ognuno di noi ha delle inclinazioni per qualcosa. Quando diventano vere passioni, si riescono a programmare e a realizzare progetti che altrimenti non vedrebbero mai la luce.
Quando il frutto di una passione viene offerto alla comunità disinteressatamente e tutti ne possono gustare il sapore, allora bisogna essere grati a chi la coltiva.
Grazie proprio ad una particolare passione che viene da molto lontano, Dentice Pantaleone è riuscito a raccogliere foto, cimeli e documenti della prima guerra mondiale. Una importantissima testimonianza degli eventi bellici che sconvolsero la nostra civiltà; il più grande conflitto armato mai combattuto precedentemente, che coinvolse le principali potenze mondiali, causando milioni di morti.
Io ho avuto la fortuna di ammirare le foto del suo museo. Le ho fatte scorrere lentamente ad una ad una, soffermandomi più volte davanti alla loro straziante drammaticità, mai raccontata nei libri di storia.
Le foto testimoniano il sacrificio disumano dei soldati che hanno dovuto lottare non solo contro i nemici e le loro baionette, le mitragliatrici, le bombe ed i cannoni, ma anche contro il freddo, la neve, la pioggia, la fanghiglia melmosa delle trincee sulle Alpi e sulle vette delle montagne; lasciati alle intemperie e nei rifugi scavati nelle rocce o improvvisati sotto vecchie lamiere, in attesa di un attacco da fare o da subire, col pensiero continuo ai familiari, con la paura di non rivederli più, in mezzo a corpi martorizzati di amici, tutti giovanissimi.
Non ci sono parole per descrivere e commentare queste foto. Bisogna passarle a rassegna, ognuno con la propria sensibilità.
Ho avuto modo, inoltre, di leggere alcune pagine del diario del Maggiore Guglielmo Cav. Sabelli, ufficiale della giustizia militare del Reale Esercito, sempre della collezione di Pantaleone.
Raccontano eventi vissuti di persona, descritti come se fossero i fotogrammi di una finzione televisiva e con la freddezza di un cronista che non si lascia coinvolgere dai sentimenti. In particolare, l’esecuzione di una condanna alla fucilazione di un soldato, processato e condannato a morte per diserzione, viene registrata come una soluzione necessaria che sia di esempio per gli altri. Ammazzare a sangue freddo un soldato, che non è stato un “delinquente” ma un semplice codardo, rientra nelle soluzioni del codice penale militare come unica risposta possibile contro chi non ha “alto il sentimento del dovere”. Senza neppure provare a capire i suoi sentimenti, le paure, le debolezze causate dalle morti di amici e nemici. I bombardamenti, la distruzione delle case, le fughe nei rifugi antiaerei, l’attesa del cessato allarme, non sono raccontati come momenti eccezionali che causano paure, ma fatti ai quali ci si fa l’abitudine, quasi uno spettacolo al quale si assiste senza emozionarsi più di tanto.
«Insomma è uno spettacolo questo della guerra, che solo chi ha veduto può comprenderlo, altrimenti non è possibile farsene un’idea», scrive il Maggiore. «Enorme e svariatissimo era il materiale sparso al suolo: cappotti, zaini, armi, vanghe, casse di munizioni ed anche migliaia di bombe inesplose. Tutto era sporco di terra, di sangue ed emanava un puzzo insopportabile. Di resti umani vidi solo una mano, che era tanto nera che sembrava fosse inguantata e due piedi ancora nelle scarpe. Un vero orrore ma che non mi fece molta impressione dato l’ambiente che modifica in modo straordinario l’impressionabilità dell’individuo, al punto che certi spettacoli che in luoghi normali ed in città desterebbero raccapriccio, visti sul campo di battaglia restano indifferenti.»
Per l’occasione della festa dei libri è stata edita una pubblicazione che sarà donata agli studenti in visita alla mostra visibile dal 2 al 5 Maggio al Convento Francescano di Avella.