Riscoprendo la secolare storia di Forino, capita a volte di trovarsi difronte a figure luminose, che scritti e scrittori coevi ed antichi o per distrazione, o per dimenticanza, non ne hanno trasmesso il ricordo alle future generazioni. È il caso di Donna Maria Fanelli nobile giovane dalle speciali virtù vissuta negli anni 30′ del 1800. Donna Maria Domenica Fanelli nacque a Forino l’ 11 febbraio 1828, figlia di Domenico Fanelli che ella mai vide perché deceduto tre mesi prima della sua nascita e di Francesca Picella che la consacra alla Santissima Vergine. Entra adolescente nell’educandato del Monastero del Carmine in Avellino per ricevere una raffinata e completa formazione che condivide con gioia e felicità. Con il passare degli anni cresce nel fervore, nell’ubbidienza, nella purezza e nell’umiltà. Sceglie anche la via ardua di penitenze occulte e cilizi nascosti fin quando un giorno, pallida e tremante, esce in fretta dal refettorio e rientrata in cella si abbandona sulla sedia. La priora scopre in questa circostanza il corpo martoriato della bellissima fanciulla, ma ai rimproveri dei suoi familiari ella risponde: ” Sappiate che io sono entrata in questo monastero per condurre una vita austera e penitente e preparami a lasciare questo mondo per consacrarmi totalmente a Dio”. Paziente, devotissima della Madonna del Carmine e delle anime del Purgatorio, con grande devozione segue la vocazione alla verginità per il Regno dei Cieli. Nata ricca, si fa povera tra le povere. Ma un’ affezione reumatica con febbre la costringe, sotto consiglio del medico, a ritirarsi per un po’ di tempo in paese per respirare la salubre aria della sua terra natia. Con grande rincrescimento l’amabile giovine esce dal monastero, nella speranza di recuperare al più presto la buona salute. L’indisposizione reumatica però non si arresta ed è costretta a rimanere a letto. Si riuniscono in consulto diversi medici: Giuseppe Amabile di Avellino, Pietrantonio Vegliante di Atripalda, Domenico De Lauro di Forino, suo cugino Giovanni Fanelli, Giovanangelo Pescadore di Serino, Pietro Falcone di Napoli e il rinomatissimo Leopoldo Chiara. Gli illustri medici comprendono l’aggravamento della situazione a motivo dell’epatite e della polmonite. La costernazione della madre e dei familiari è grande. Il fratello sacerdote don Marcello le somministra con perizia i farmaci. Tutto il paese si mobilita e prega per la sua guarigione, ma la situazione precipita. Maria Domenica si confessa con padre Sanmmartino dei domenicani e poi ancora con padre Michele da San Severino Francescano e riceve l’Eucaristia come viatico dal parroco don Emidio Violante.
Le sue ultime parole : “Non chiedo a Gesù che mi risani, gli domando che mi salvi!” Muore il 23 maggio 1847 a soli 19 anni di età in odore di Santità . Una folla immensa proveniente anche dai paesi vicini accorre ai suoi funerali molto solenni. Per rispondere al desiderio di tanti e tanti che, conoscendone la fama, desiderano vederla per l’ultima volta, viene esposta per tre giorni nella chiesa dell’Annunziata, dove si celebrano finalmente i funerali e viene seppellita al lato sinistro dell’altare di Cristo Risorto. Daniele Biondi