“E ripensò al Signore, ai suoi piedi scalzi che percorrevano le strade della Palestina, agli umili gesti che condivideva con tutti, fossero ricchi o poveri, sani o malati, senza giudicare solo amando. Si accorse ad un tratto del gelo che regnava nella piccola stanza. Era notte inoltrata, mancava poco all’alba. La Presenza non c’era. Sentì nel profondo del cuore che sarebbe tornata. Era l’alba, la campanella dei Padri Passionisti diede il segnale, aprì la finestra e in un attimo il cielo bianco fu percorso da un canto armonioso e solenne.. e si dirigeva verso la Città della Pianura”.
Se ho riportato questo passo tratto dal mio libro “i tre anelli” di prossima pubblicazione, è perché esso si riferisce a Daniele Biondi, il quale, attraverso anime di un passato che ritorna, tende a raccogliere e a proiettare orizzonti di luce e di speranza per realizzare la Città della Pianura, ossia la Città del Sole, la Città del Visibile, la Citta del Tangibile governata dalle leggi della Natura e di DIO. La speranza che il cuore della sua terra, interprete di una realtà così ricca e vigorosa, sparga il suo eco di dignità e di orgoglio oltre i limiti del tempo e dello spazio e diventi ispiratore, pensatore, protagonista di una nuova grande storia. L’Opera profondamente dignitosa nella sua composizione, canta un amore lungimirante e fiducioso nel riecheggiare figure di alto spessore umano, morale, culturale, sociale, religioso ed istituzionale. Essa inoltre offre, nel corso eclettico della storia territoriale, una visione panoramica di sacralità, avversa ad ogni ingiustizia umana e sociale, ad ogni chiusura, ad ogni tendenza conservatrice, antitetica certamente all’etica hegeliana, che rimane sempre intatta nella sua intima essenza, per un richiamo alla vita con la forza e il candore del bucaneve. Il momento saliente s’incentra nella narrazione temporale degli eventi come nella comunicazione poetica che parte dal cuore per ritornare al cuore attraverso una ricerca accurata e certosina che custodisce l’esperienza e la memoria storica dell’uomo. I sentimenti nel loro valore etico sono veicolati da un forte credo religioso dell’autore che, con sapienza e amore, inneggia alla povertà e alla libertà, pietre miliari nella poetica del sorriso.
Povertà e libertà, valori così efficacemente esaltati da questo pensiero di Turoldo – lettere dalla casa di Emmaus “la povertà alla fine è una necessità assoluta se si vuol essere felici, perché è libertà dalle cose e rispetto delle cose”.
E la povertà e la misura e il rispetto delle cose e la rinuncia e la libertà non possono non essere necessarie, strutturali alla stessa dimensione biologica dell’uomo.
Ci sono cose immense che abbiamo tutte dimenticate: il silenzio, il gusto delle cose, la contemplazione. Perciò è un mondo senza gioia.
Perché la gioia non è neppure possibile per volontà umana, per nostra decisione.
Nessuno può dire oggi voglio essere gioioso. La gioia non è una virtù, la gioia è legata a un modo preciso di esistere, non è neppure legata a una condizione psicologica, è legata ad uno stato, o si è o non si è nella gioia. Potete voi pensare un Santo che non sia un uomo di gioia?” Gli orizzonti così si schiudono e si ampliano nella convinzione che il vivere significa vivere, superando ogni forma di nichilismo, di scetticismo e di schematismo, nell’indicare la via per raggiungere la Città della Pianura, fatta di Cielo, di Anima e della Luce del Pensiero, come suggerisce Daniele Biondi con la sua Opera “Storie di Uomini e di Santi nella Terra di FORINO”.