Dal ritorno in cucina degli avanzi ad una maggiore attenzione alla data di scadenza, ma anche la richiesta della family bag al ristorante e la spesa a chilometro zero dal campo alla tavola grazie ai mercati degli agricoltori, con prodotti più freschi che durano di più, sono alcune delle strategie messe in atto da oltre 7 italiani su 10 (71%) che nel 2018 hanno diminuito o annullato gli sprechi alimentari, secondo un’indagine Coldiretti/Ixe’ presentata in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione promossa a livello globale dalla Fao. Gli sprechi domestici, secondo la Coldiretti, rappresentano in valore ben il 54% del totale e sono superiori a quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%) per un totale di oltre 16 miliardi che finiscono nel bidone in un anno. Non si tratta quindi solo di un problema etico ma determinano anche – precisa la Coldiretti – effetti sul piano economico ed anche ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti.
Un comportamento grave in un Paese come l’Italia dove sono 2,7 milioni le persone che in Italia durante l’ultimo anno sono state costrette a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense dei poveri o con pacchi di auto alimentari, secondo la Coldiretti. Secondo i dati Istat in Campania la povertà è aumentata di cinque punti nell’ultimo anno rilevato, passando dal 19,5% registrata nel 2016 al 24,4% del 2017. Pertanto un cittadino campano su 4 è povero.
Fare la spesa a chilometro zero in filiere corte con l’acquisto di prodotti locali – come proposto dai mercati di Campagna Amica – taglia la quantità dei rifiuti prodotti rispetto ai sistemi alimentari tradizionali. Lo spreco alimentare – sottolinea la Coldiretti – scende dal 40-60% per i sistemi alimentari di grande distribuzione alimentare ad appena il 15-25% per gli acquisti diretti dal produttore agricolo. Coloro che si approvvigionano esclusivamente tramite reti alimentari alternative sprecano meno i cibi in vendita sono più freschi e durano di più, e perché non devono percorrere lunghe distanze con le emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio.
Inoltre, leggere attentamente la scadenza sulle etichette, verificare quotidianamente il frigorifero dove i cibi vanno correttamente posizionati, effettuare acquisti ridotti e ripetuti nel tempo, privilegiare confezioni adeguate, scegliere frutta e verdura con il giusto grado di maturazione, preferire la spesa a chilometri zero che garantisce una maggiore freschezza e durata, riscoprire le ricette degli avanzi, ma anche non avere timore di chiedere di portarli a casa quando si mangia al ristorante sono alcuni dei consigli della Coldiretti
La frutta e verdura acquistata direttamente dal produttore in vendita nei mercati degli agricoltori – spiega la Coldiretti – dura anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Particolare attenzione – continua la Coldiretti – va riservata anche alla conservazione dei prodotti acquistati ricorrendo a tecniche di economia domestica mantenendo frutta e verdura fresche lontano dai punti di calore per evitarne l’eccessiva maturazione, l’olio extravergine al buio per evitarne l’ossidazione come le patate per evitare il germogliamento. Va ricordato che la richiesta di portare a casa gli avanzi dei pasti consumati nella ristorazione è un diritto dei clienti sancito anche dall’entrata in vigore della legge 166/16 sugli sprechi alimentari che “promuove l’utilizzo, da parte degli operatori nel settore della ristorazione, di contenitori riutilizzabili idonei a consentire ai clienti l’asporto degli avanzi di cibo”. E’ anche importante – sostiene la Coldiretti – la conoscenza delle informazioni fornite in etichetta con riguardo alla scadenza dei prodotti ed in particolare in merito al diverso significato tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”. La dicitura “da consumarsi entro” è la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data di consumo – precisa la Coldiretti – non deve essere superata altrimenti ci si può esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). Discorso diverso – continua la Coldiretti – merita invece il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” che indica – sottolinea la Coldiretti – la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative, o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione.