Oggi si celebra la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” e proprio nelle scorse ore, la Cassazione civile è intervenuta con una decisione che rende giustizia alle vittime degli stupri ricordando nei fatti che anche allo Stato devono essere attribuite responsabilità perché ancora oggi sono troppe coloro che subiscono terribili violenze. Con la sentenza 26757/20, la terza sezione civile della Suprema Corte, ha ricordato che la presidenza del Consiglio dei ministri deve risarcire la donna vittima di uno stupro anche in ragione del fatto che lo Stato italiano non aveva recepito in tempo la direttiva Ue per l’indennizzo delle vittime di reati. Nella fattispecie approdata innanzi ai Giudici di legittimità è stato accolto solo uno dei motivi di ricorso di Palazzo Chigi, che tuttavia, risulta soccombente al punto da pagare le spese di giudizio alla donna violentata da due uomini: dallo Stato la signora aveva ottenuto oltre 30 mila euro, interessi compresi, dal momento che dai 50 mila euro liquidati dalla Corte d’appello vanno detratti i 25 mila già versati a titolo d’indennizzo dopo che l’Italia ha finalmente recepito la direttiva 2004/80/Ce. Che è retroattiva, mentre la latitanza degli stupratori renderebbe inutile una causa civile contro i condannati. Né giova alla presidenza del Consiglio dolersi che il risarcimento sarebbe spropositato in quanto ragguagliato alla provvisionale quasi che il crimine fosse stato commesso dallo Stato. Il punto è che la signora aveva chiesto tutti i danni, «subiti e patendi», e la perdita morale e materiale patita dalla vittima si è potuta alimentare proprio per il ritardo con cui è stata attuata la direttiva Ue, recepita soltanto nel 2017, tanto da non essere ancora operativa al momento della decisione di secondo grado e da costare allo Stato anche una condanna da parte della Corte di giustizia europea