Svolta a tavola con oltre sette italiani su dieci (71%) hanno diminuito o annullato gli sprechi alimentari adottando nell’ultimo anno strategie che vanno dal ritorno in cucina degli avanzi ad una maggiore attenzione alla data di scadenza, ma anche la richiesta della doggy bag al ristorante e la spesa a chilometri zero dal campo alla tavola con prodotti più freschi che durano di più. E’ quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixe’ diffusa in occasione della Giornata nazionale contro lo spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio.
Nonostante la maggiore attenzione il problema resta però rilevante con gli sprechi domestici che – denuncia Coldiretti – rappresentano in valore ben il 54% del totale e sono superiori a quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%) per un totale di oltre 16 miliardi che finiscono nel bidone in un anno.
Lo spreco di cibo nelle case degli italiani ammonta ancora a circa 36 kg all’anno procapite secondo Waste Watcher. Tra gli alimenti più colpiti svettano verdura e frutta fresca, seguite da pane fresco, cipolle e aglio, latte e yogurt, formaggi, salse e sughi. Non si tratta quindi solo di un problema etico ma che determina anche – precisa la Coldiretti – effetti sul piano economico ed anche ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti.
Anche per questo sulle tavole degli italiani – continua la Coldiretti – sono tornati i piatti del giorno dopo come polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille e macedonia. Ricette che non sono solo una ottima soluzione per non gettare nella spazzatura gli avanzi, ma aiutano anche a non far sparire tradizioni culinarie del passato secondo una usanza molto diffusa che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio come – rileva la Coldiretti – la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta o al sud la frittata di pasta.
E maggiore attenzione – sostiene la Coldiretti – viene rivolta alle informazioni fornite in etichetta con riguardo alla scadenza dei prodotti ed in particolare in merito al diverso significato tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”.La dicitura “da consumarsi entro” è la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data di consumo – precisa la Coldiretti – non deve essere superata altrimenti ci si può esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). Discorso diverso – continua la Coldiretti – merita invece il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” che indica – sottolinea la Coldiretti – la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative, o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
Il cambiamento si vede infine anche dal fatto che un italiano su tre (33%) quando esce dal ristorante si porta talvolta a casa gli avanzi con la cosiddetta “doggy bag” mentre una percentuale del 18% lo fa solo raramente secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ dalla quale si evidenzia che cresce anche la spesa a chilometri zero con la frutta e verdura che dura anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio.