Sono giovani, hanno fra i 15 e i 29 anni, non lavorano e non studiano. Sono i NEET, Not in Education, Employment or Training, un gruppo di popolazione variegato che vive un prolungato allontanamento dal mercato del lavoro e dal sistema formativo con conseguenti problemi di inclusione sociale, apprendimento e formazione.
Il fenomeno, che negli ultimi anni ha assunto proporzioni elevate a livello italiano ed europeo e l’Agenzia Erasmus+ INDIRE (Istituto nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) mette il tema al centro del 1° seminario internazionale Erasmus+, organizzato con l’Agenzia Erasmus+ Isfol e l’Agenzia Nazionale per i Giovani. L’incontro è rivolto a tutti gli ambiti dell’Istruzione e Formazione ed è incentrato su “Strategie condivise per ridurre il fenomeno NEET”. L’evento, in programma a Napoli dal 5 al 7 novembre, prevede la partecipazione di circa 100 persone da 15 Paesi europei: docenti, formatori, educatori, stakeholders, operatori sociali e tutors attivi sulla tematica. Scopo del seminario è l’avvio nuovi progetti Erasmus+, focalizzati sulla lotta alla dispersione scolastica, nella convinzione che l’ambiente scolastico sia il luogo privilegiato per prevenire l’abbandono precoce del percorso educativo. L’incontro sarà occasione di confronto diretto tra istituzioni di paesi diversi su nuove politiche di recupero e inclusione dei giovani che non lavorano e non sono in formazione.
Alcuni dati sul fenomeno
Dai dati ISTAT, risulta che nel 2013 i NEET in Italia erano oltre 2milioni e 400mila: questa cifra corrisponde al 26% di tutti i giovani fra 15 e i 29 anni residenti in Italia. A parità di fascia d’età, l’incidenza dei Neet risultava più elevata tra le donne (27,7%) rispetto agli uomini (24,4%). Dopo un periodo in cui il fenomeno aveva mostrato una leggera regressione, l’incidenza dei Neet è tornata a crescere durante il periodo della crisi economica, facendo registrare dal 2013 un incremento più sostenuto.
In Italia la quota dei Neet è nettamente superiore alla media dell’Ue28 (rispettivamente 26 e 15,9%) e con valori significativamente più elevati rispetto a Germania (8,7%), Francia (13,8%) e Regno Unito (14,7%), mentre solo la Grecia presenta un’incidenza maggiore (28,9%).