Avellino. Anche l’Ordine provinciale degli Architetti PPC di Avellino stigmatizza quanto di recente approvato dal Consiglio dei ministri con il decreto legislativo di riforma del Codice dei contratti pubblici chiedendo al Governo un ripensamento delle soluzioni proposte che entreranno in vigore già dal prossimo aprile 2023. La proposta degli architetti, secondo quanto si legge da una lettera aperta divulgata da ben 102 ordini professionali di ogni parte d’Italia, rivolta al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Governo è raccolta nel titolo: “Appalti, la qualità prima di tutto”. Così come è stato scritto il nuovo codice dei contratti pubblici non garantisce la qualità delle progettazioni delle opere pubbliche, perché la scelta di ridurre o addirittura eliminare i concorsi di progettazione va in una direzione opposta. La comunità degli architetti si rende disponibile ad aprire un tavolo di confronto con il Governo per fare in modo che il nuovo Codice dei Contratti sostenga l’importanza del confronto di piu’ soluzioni progettuali, di concorsi di progettazione aperti alla piu’ ampia partecipazione, favorendo la piu’ equa forma di inclusione e opportunità per i territori, coinvolgendo tutte le forme di professionalità, per poter scegliere le soluzioni migliori.
“Nel settore dei lavori pubblici i concorsi di progettazione, dichiara Erminio Petecca, rappresentano nel nostro paese la vera strada innovativa che abbiamo iniziato a percorrere con un certo interesse solo da qualche anno (dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016) e modificare le regole in corso, mentre è iniziata la raccolta dei frutti, è un’operazione scellerata che ci farà tornare indietro nel tempo. Finalmente stavamo maturando l’idea che solo attraverso i concorsi di architettura e di rigenerazione urbana è possibile garantire la maggiore qualità del progetto, attraverso il confronto sulle varie proposte progettuali, nonché la maggiore partecipazione dei giovani professionisti consentendo di far emergere i nuovi talenti. La motivazione del cambio di marcia è perché occorre ridurre i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, come se la colpa dei ritardi di questi anni sia da addebitare alle procedure di affidamento degli incarichi di progettazione e non alla farraginosa macchina burocratica della pubblica amministrazione. Al cambio delle regole del gioco in corso eravamo abituati dopo i balzelli legislativi del 110, ma non fino al punto che ci potesse essere il seguito con un’altra stortura.“