Eravamo nella campagna di Arciana da un amico a raccogliere i suoi fichi settembrini quando veniamo informati dell’inaugurazione di un nuovo bar, il Caffè Aragonese, situato nel più importante palazzo storico di Mugnano del Cardinale. L’imminente apertura del Caffè Aragonese stava richiamando l’attenzione del Mandamento già da qualche giorno, così barattiamo con quest’amico la schiettezza della terra con un po’ di vita mondana e dissoluta di paese. Scendiamo in mezzo a Mugnano del Cardinale, non molto lontano tra l’altro dalla solita passeggiata che stavamo facendo e che avevamo fatto anche quel giorno, tra gli ulivi delle Tore e Campimmo, ve ne ho parlato almeno tre volte e corro il rischio di parlarvene fino allo sfinimento, così meglio che vi parli di qualcos’altro.
Il Palazzo Aragonese, palazzo badiale di Mugnano del Cardinale in cui è situato il Caffè Aragonese, era in ristrutturazione da diversi anni, al punto che, a dir la verità, nel suo abbandono passava ormai anche abbastanza inosservato. Nell’edizione di Domenico D’Andrea del libro La Valle Munianense di Antonio Iamalio, un libro composto da articoli originali di inizio ‘900, vi è una foto presumibilmente del 2005, anno in cui l’edizione di D’Andrea è stata stampata, del palazzo ancora in ristrutturazione, il quale dopo il terremoto degli anni ’80 non aveva praticamente più avuto fortuna. Adesso siamo nel 2017, fatevi un po’ i conti di quanti anni ha dovuto aspettare il palazzo prima che fosse riportato ad avere un utilizzo pratico, cosa che aveva sempre avuto in tempo addietro, passando ad essere nei secoli palazzo di governo, residenza cardinalizia e di monaci, foresteria, ufficio postale e dogana. Quindi, dopo anni di abbandono, il 30 settembre 2017 il palazzo riprende quello che è il suo ruolo di “una moderna foresteria” con il nome di Caffè Aragonese, da uno dei tanti nomi del palazzo, Palazzo Aragonese.
Il nome Palazzo Aragonese ha però qualche ambiguità, visto che di palazzi D’Aragona ce ne sono diversi in giro. Anche “Caffè Aragonese” è un nome comune, basti pensare a quello a Piazza San Domenico Maggiore a Napoli. E’ che questo palazzo fu fatto costruire nel 1467 dal cardinale Giovanni D’Aragona, figlio del re di Napoli, perciò fu detto anche Palazzo del Cardinale.
Nel corso dei secoli, prenderà inoltre i nomi di Foresteria del Procaccio, il Procaccia, Procaccio.
1467: Che ci faceva però un nobile napoletano a Mugnano?
In quel periodo storico, nel Medioevo, dal 1300 in poi, il feudo di Mugnano del Cardinale era sotto l’influenza della badia di Montevergine e viveva un periodo particolarmente ricco e florido, al contrario del feudo di Avella i cui abitanti erano continuamente vessati da dazi, passi e gabelle. A Mugnano del Cardinale invece non se la passavano niente male, venendo esonerati da quasi tutte le tasse e dovendo provvedere solo alle poche richieste del santuario. L’influenza costante di Montevergine e dei monaci che per un periodo amministravano in prima persona il paese, giustifica la religiosità, ancora attuale, dei suoi abitanti, oltre a spiegare la tranquillità che lo pervade.
Solo che a un certo punto la badia di Montevergine, nel 1430, nonostante i divieti del papa, fu “scambiata”da uno dei suoi abati (l’Abate Palamides) con altri beni e data ad Ugone Lusignano, un nobile appartenente a famiglia napoletana, da allora il feudo di Montevergine passò tra le mani di diversi napoletani tra cui Giovanni d’Aragona, figlio del re di Napoli, Ferdinando I (anche detto Ferrante I). Poiché Mugnano mancava di un palazzo di governo, Giovanni d’Aragona decise di farvi costruire un palazzo abbaziale.
Si consideri che il giovane Giovanni, al quale fu imposta la carriera ecclesiastica, prese la commenda dell’Abbazia di Montevergine a soli 11 anni, e subito partirono i lavori del palazzo, che si tennero tra il 1467 e il 1485. Morì poi a 29 anni.
E’ proprio in questo periodo che al paese fu dato il nome di Mugnano del Cardinale, per non confonderlo con altri paesi, riferendosi alla presenza del Cardinale e del Palazzo del Cardinale.
Il nome Mugnano, già esistente, pare derivasse invece da Ponte-Mianum o Ponte-Minianum (Ponte-Miano) e aveva connotazione geografica, indicando la provenienza di alcune famiglie che si stabilirono a Mugnano, al di là del ponte e nei pressi del Maisone di Mugnano. Pare che il primo nucleo del paese esistesse già nella seconda metà del 1200, quando, essendo terminati i tempi ostili fatti di guerre e pericoli, molte famiglie iniziarono a spostarsi da altri luoghi vicini a Mugnano, non sentendo più la necessità di abitare in zone arroccate e scomode per proteggersi, come poteva esserlo, ad esempio, il Litto.
In un periodo successivo, come anticipavo, oltre ad essere sede del Cardinale, il palazzo fu abitato dai monaci di Montevergine, che tra l’altro lo amministravano, e il paese fu chiamato Mugnano di Montevergine,
1467 – 1600: Le reliquie di S.Gennaro e il periodo di Foresteria
Nel 1600 il palazzo diventò una Foresteria, detta del Procaccio. Il palazzo veniva ampiamente utilizzato per ospitare i pellegrini che andavano a Montevergine.
Era un palazzo frequentatissimo, da papi e regine, frequentato anche da santi illustri, sebbene già morti: S.Gennaro.
La cosa un po’ richiamava e richiama ancora attenzione, cioè il fatto che le reliquie di San Gennaro avessero pernottato nel Palazzo del Cardinale, nel transito da Montevergine a Napoli avvenuto nel 1497 e voluto proprio da Giovanni d’Aragona, che però nel frattempo era già morto.
E’ che queste reliquie, che inizialmente erano a Napoli, nell’831 furono rubate e trasportate a Benevento da un principe longobardo, Sicone I, che le portò nella sua città, dove restarono fino al 1154. Poi il normanno Guglielmo I, considerando che Benevento non era più sicura, provvide a portarle in un posto secondo lui sicuro, l’Abbazia di Montevergine, che evidentemente gli ispirava simpatia per il culto a S.Guglielmo che lì si predicava.
Montevergine era così sicuro che i pezzi di S.Gennaro non si trovarono più.
Infatti, queste reliquie che avevano fatto trasportare a Montevergine nel 1154 per dar loro un posto sicuro, erano state presto dimenticate, visto che lì avevano già il culto di S.Guglielmo e della Madonna, così che di S.Gennaro non s’interessavano molto. Tutto questo mentre a Napoli se ne sarebbero sicuramente “visti bene”, dato che conservavano il capo e le ampolle col sangue del santo con entusiasmo. Un vero spreco, insomma.
Così Giovanni d’Aragona, scoperte queste ossa sotto l’altare del santuario di Montevergine, s’impegnò per farle tornare a Napoli, aiutato dal fratello arcivescovo napoletano Alessandro Carafa e dal cardinale Oliviero Carafa.
I monaci si opposero un po’, ma poi dovettero cedere e alla fine le ossa furono messe nel Duomo di Napoli, passando nel palazzo del Cardinale la notte sopra il 13 gennaio 1497. Da allora a Mugnano fu introdotto il culto di San Gennaro, ponendovi un busto nella chiesa di S.Liberatore.
Mugnano ne aveva guadagnato in visibilità, e si ebbe da ciò un ulteriore incremento del pellegrinaggio, che era da sempre presente visto che il paese si trovava sulla strada per Montevergine. E poi il popolo napoletano, felice di aver ricevuto S.Gennaro e per la pubblicità recepita, invece di andare a Montevergine una sola volta l’anno, nella Pentecoste, iniziò ad andarvi anche a settembre, soffermandosi sempre nel tragitto a Mugnano. Il periodo era davvero ottimo, il paese si ingrandì e fiorirono le attività, le locande, le osterie, praticamente si stava meglio di ora. Mugnano si estese lungo la via Regia delle Puglie, che era sempre stata un importante asse di comunicazione, nonché l’unica via per le Puglie.
Lo stesso palazzo d’Aragona divenne, quando non ci furono più i monaci, una grande foresteria, detta del Procaccio e che era tra le più importanti del Mezzogiorno.
1500 – Il passaggio alla S.Casa dell’Annunziata di Napoli.
Come abbiamo detto, il fatto che nel 1430 l’abbazia di Montevergine fosse stata “scambiata” non aveva fatto grossi danni, poiché si erano succeduti Giovanni d’Aragona e altri napoletani che avevano sempre lasciato Mugnano piuttosto libera. Anzi, il paese viveva un momento veramente buono, fatto di turismo, commercio ed attività. Solo che ad un certo punto, morto Oliviero Carafa, giunse Ludovico d’Aragona, il quale, facendo uno stile di vita piuttosto dispendioso, aveva bisogno di soldi e vendette la sua Commenda per 300 ducati d’oro ad un “ente estraneo”. I monaci si ribellarono alla vendita, ricorrendo a Papi e Re, ma dopo un secolo di casino rinunciarono.
Adesso il feudo di Montevergine passava sotto il dominio della S.Casa dell’Annunziata di Napoli che era il maggiore istituto di beneficenza del Regno (comprendeva un grande ospedale, un banco di depositi per prestiti gratuiti, un educatorio e un orfanatrofio che nel 1600 contava 3700 lattanti) e con esso anche il paese di Mugnano cambiava padrone. I monaci vennero mandati via, e il Palazzo del Cardinale divenne una foresteria che rendeva alla Santa Casa dell’Annunziata 610 ducati annui. Era l’Annunziata adesso a governare, ma non aveva più un palazzo di governo, avendo trasformato il palazzo in una taverna per pellegrini.
Nonostante il passaggio alla Casa dell’Annunziata, a Mugnano e Quadrelle la popolazione rimase sempre fedele a Montevergine e nello stemma dei due paesi continuò a comparire un riferimento alla badia virginiana, affiancandosi a quelli propri del comune e dell’Annunziata.
1700 – Il periodo come Dogana e come Ufficio Postale
Nel 1700 il palazzo diventò una Dogana, cioè un punto in cui convergeva il denaro delle varie tasse raccolte nel regno. Da come scrive Antonio Iamalio, si può intendere l’atmosfera che c’era in quel periodo, che riporto per evitare la perdita di preziose informazioni:
“Col restauro della via Regia delle Puglie, vi si istituì una delle più importanti barriere daziarie del Regno ed un Ufficio Postale, centro di collettoria per tutto il mandamento. Cosicché da quel momento il palazzo si chiamò sempre “del Procaccia”, nome con cui si comprendeva l’unione di tutte le vetture, che recavano il denaro dei balzelli (tasse gravose e arbitrarie) raccolto nelle Province superiori, scortate da uno squadrone di Gendarmi; e vi passavano ogni giovedì, fermandovisi tutta la notte.”
“Le osterie del Cardinale, che fin dal 1620 rendevano ad A.G.P. 700 ducati annui di solo fitto, nel 1649 il Giordano constatava essere molte e comode e principali, poi divennero, a dire del Giustiniani, addirittura famose.”
“Per effetto della ricostruzione di detta Via, nel tenimento di Mugnano furono riattati ponti, sistemati torrenti, riparati fondi demaniali e privati, costruite pubbliche fontane: onde le terre furono meno esposte ai danni delle alluvioni e, quel ch’è più, il commercio e il traffico erano più sicuri dai ladroni che infestarono sempre queste contrade.”
Progredirono anche le altre osterie, non solo quelle di Mugnano, ma anche a Quadrelle, al Litto, Monteforte e in tutti i quei punti in cui transitavano i pellegrini diretti a Montevergine. La ricostruzione della via Regia delle Puglie aveva dato un’ulteriore “botta” al turismo e al commercio, insomma, i tempi continuavano ad essere ottimi, il paese s’ingrandiva ancora e si facevano miglioramenti. Delle varie fontane presenti (di cui tre nuove) c’è da notare che gli abitanti si servivano di acqua proprio dalla cisterna del palazzo d’Aragona.
2020 – I tempi nostri
Il Palazzo D’Aragona, attraverso il quale abbiamo osservato che aria tirava nei secoli in tutta Mugnano del Cardinale, era in ristrutturazione da anni. Quindi, vista la sua storia, pare per esso un’evoluzione naturale dopo anni di inutilizzo quella di ritornare a ciò che gli compete, cioè al ruolo di una foresteria moderna, in una formula che è proprio rappresentazione dello stile di vita dei nostri tempi: il caffé-bistrot, un punto d’incontro caratterizzato dall’inseguimento di una certa estetica tipica di una società in cui oramai qualsiasi cosa è fondata sull’immagine. Vistosamente ampio e scenografico con i suoi altissimi soffitti a volta, il Caffè Aragonese è principalmente bar e caffetteria Illy e possiede pasticceria autonoma, una piccola cantina di vini, un’area degustazione, un lungo bancone per la gastronomia con affettati e salumi, birre alla spina artigianali, e rivolge particolare attenzione ai drink, che sono serviti con frutta fresca. E’ possibile cenare in “modalità bistrot“, che, inseguendo le mode, è un termine che oggi sta ad indicare locali decisamente più eleganti di una pizzeria o di un pub, ma più veloci e meno complessi di un ristorante, solitamente legati ad una tendenza attuale della ristorazione in cui l’immagine pura imperversa sopra ogni cosa e rendendola così disponibile anche a livelli più bassi. In effetti il Caffè Aragonese, per la sua bellezza, meriterebbe di stare a Piazza di Spagna a Roma, a Firenze, o nelle zone bene di Napoli. Non solo immagine però, ma anche un buon tentativo da parte dei gestori e titolari, la famiglia Guerriero di Mugnano, di metterci anche dei contenuti, che sono innanzitutto presenti per la reale validità del palazzo, la cui storia non si può cancellare, e per tutti i servizi elencati, nei quali è stata posta una certa cura. Un’altra area del palazzo, la cui ristrutturazione non è ancora terminata, comprenderà in seguito un vero e proprio ristorante per cerimonie con camere al piano superiore. La famiglia Guerriero di Mugnano, a cui il palazzo appartiene, ha nel proprio background lavorativo la produzione di affettati, d’altronde la lavorazione dei salumi a Mugnano del Cardinale è sempre stata famosa, sebbene ospiti attualmente poche punte di eccellenza.
Così se prima si fermavano qui papi e regine, adesso, in pochi giorni di apertura già sono passate diverse persone, tra cui Ornella Muti e la figlia Naike Rivelli, e parlando con Vanessa Guerriero ed il suo fidanzato, salta fuori che avevano già invitato e stavano aspettando a breve, per mostrargli il risultato di anni di lavori, un altro loro amico, discendente diretto di Luchino Visconti. I tempi e i personaggi sono cambiati, si sa, ma a quanto pare il Procaccio resta e resterà ancora un punto di passaggio e di incontro anche nei secoli a venire.
(Valentina Guerriero)
Libri consigliati, e dal quale sono estratte e “condensate” buona parte e delle informazioni: La Valle Munianense – Antonio Iamalio (a cura di Domenico D’Andrea, Arte Tipografica Editrice, 2005).
Mugnano, 1910