Ultimi giorni per visitare la mostra su De Nittis in scadenza l’8 Aprile a Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli. Tutto il tempo che volete invece per osservare il Passaggio degli Appennini nell’Ottocento Privato di Capodimonte: un quadro sul quale è ancora aperto un dibattito sull’esatto punto che De Nittis ha voluto raffigurare, e che sicuramente si tratta di un paesaggio irpino.
Il percorso: “Da De Nittis a Gemito”, mostra temporanea – dal 6 dicembre 2017 all’8 aprile 2018 – a Palazzo Zevallos Stigliano in via Toledo a Napoli, di fianco alla sede storica del Banco di Napoli. Lo stesso palazzo Zevallos appartiene alla banca e infatti l’ingresso è gratuito per i clienti del gruppo Banca Intesa Sanpaolo. L’edificio ospita una collezione permanente di quadri di straordinario valore di proprietà della banca (tra cui un Caravaggio, Il Martirio di Sant’Orsola) ed attualmente una mostra temporanea su una particolare corrente pittorica costituita da alcuni artisti napoletani che nell’800 andarono a Parigi ad apprendere le tecniche dell’impressionismo. A dare il nome alla mostra è, insieme a Gemito, De Nittis, il più rappresentativo degli artisti esposti e probabilmente quello che fu considerato il migliore di questa corrente.
Il percorso si può proseguire – conseguenza non banale – visitando Ottocento Privato a Capodimonte: qui si possono ammirare i due De Nittis rubati nel 2005, quando, in un trasferimento da Milano a Napoli, dove i quadri dovevano tornare dopo essere stati esposti in una mostra temporanea, il furgone che li trasportava fu aperto e tre De Nittis furono sottratti. Nel 2010 due di questi quadri, Il passaggio degli Appennini e Casale nei dintorni di Napoli, sono stati ritrovati a Venezia e dopo un restauro riportati a Capodimonte dove sono stati collocati in una sezione privata dedicata all’Ottocento, un piano ammezzato normalmente chiuso al pubblico.
Per visitare le sale dell’Ottocento Privato occorre prenotazione che si può effettuare inviando una mail all’indirizzo del museo. Il percorso su De Nittis prosegue ancora idealmente per Barletta dove si trova la Pinacoteca De Nittis, da raggiungere ripercorrendo l’antica Strada delle Puglie che faceva la diligenza in quegli anni e che l’artista, originario di Barletta, prendeva per giungere a Napoli. È da qui che ritrasse, in un momento di sosta, proprio Il passaggio degli Appennini rubato nel 2005.
Orari e costi: Palazzo Zevallos Stigliano, via Toledo Napoli – venerdì dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17:30) – Sabato e domenica dalle 10 alle 20 (ultimo ingresso alle 19:30) – biglietto intero 5€, ridotto 3€, gratuito per convenzionati e clienti Banco di Napoli, scuole, minori di 18 anni, ogni prima domenica del mese.
Ottocento Privato Capodimonte: mandare una mail con richiesta di prenotazione all’indirizzo del museo. Costo: normale costo del museo. 12€ intero – 8€ ridotto.
Pinacoteca De Nittis, Barletta: intero 4€, ridotto 2€. Cumulativo castello, pinacoteca e cantina della Disfida: intero 8€, ridotto 4€.
Io trovo che sia più facile scrivere quando non c’è niente da dire. Tenere in mano e voler discutere di certi capolavori è pretenzioso, eppure a volte interessa troppo qualcosa per lasciar perdere. E poi c’è così tanto da dire che ho paura di dimenticare alcuni punti per la strada, di non riuscire a condensarli tutti in un tempo ragionevole, ho paura di scrivere per giorni senza fermarmi più, ho paura di finire in questo quadro e non uscirne più. E in effetti forse il problema è che io sono rimasta qua dentro. Nel Passaggio degli Appennini di De Nittis. In quel cielo plumbeo con la neve ai lati. Con un sole d’inverno che filtra tra i buchi come quelli di un ritaglio di carta. Sono bloccata in una diligenza del 1867, che quasi sicuramente andava da Napoli a Barletta. A che serve parlare del fatto che con questo Passaggio degli Appennini, De Nittis aveva raggiunto già, giovanissimo, uno dei suoi massimi livelli, quando basta guardarlo, per finirci dentro? Parole sprecate. Io sento quelle ruote della diligenza scivolare sopra la neve. Una prerogativa di De Nittis poi sono sempre stati i cieli.
“A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché, credetemi, io l’atmosfera la conoscevo bene; e l’ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura. Oh il cielo! Ne ho dipinti di quadri. Cieli, soltanto cieli e belle nubi. […] E’ con il loro cielo che mi raffiguro i paesi ove sono vissuto: Napoli, Parigi, Londra. Li amo tutti. Amo la vita, amo la pittura. Amo tutto ciò che ho dipinto.”
Bisognerebbe leggere con attenzione i suoi taccuini (Electa, 15€), raccolti dalla moglie Léontine dopo la morte del marito, per individuare il punto esatto in cui è stato fatto questo dipinto. E che in effetti è oggetto tuttora di ricerca, ma seguendo considerazioni cronologiche il luogo dovrebbe trovarsi sulla tratta da Napoli a Barletta, poiché De Nittis era originario della Puglia e a lungo aveva dipinto l’Ofanto e gli scenari della sua terra. Solo successivamente si spostò prima a Firenze per esporre questo quadro e poi a Parigi, perciò questa diligenza in un giorno di pioggia deve trattarsi necessariamente di un paesaggio irpino. Le nubi sui monti, o colline che siano, non lasciano molti aiuti oggettivi all’osservatore. Le case nel frattempo saranno cambiate. Dovrebbe trattarsi, secondo alcuni, di un passo compreso tra Pratola Serra ed Ariano Irpino, sulla Strada delle Puglie che abitualmente faceva la diligenza, realizzato in un momento di sosta. Dopo, De Nittis deve essere risalito sopra la diligenza e ha continuato il viaggio. Per avere un’idea di com’era viaggiare sulla diligenza da Napoli ad Avellino in quegli anni si potrebbe leggere La giovinezza di De Sanctis (1817-1883), che anche lui, originario di Morra De Sanctis (Avellino), studiava a Napoli e si ritrovava a fare avanti e indietro con la diligenza ogni tanto. Allo stesso modo, De Nittis, da ragazzo, di origine di una buona famiglia di Barletta, nonno architetto, andò a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, da dove però fu rapidamente espulso. In assenza di Taccuini e di De Sanctis si può sfogliare una rivista monografica su De Nittis di Fernando Mazzocca, Giunti, in vendita al palazzo Zevallos. Mazzocca è uno dei curatori della mostra temporanea al palazzo Zevallos di Napoli, visitabile fino all’8 aprile e organizzata da Gallerie d’Italia. La mostra è iniziata il 6 dicembre, che poi è il motivo per cui vi sto parlando di De Nittis, ora. In pratica, mentre passeggiate su via Toledo, o via Roma, come la vogliate chiamare, trovate questa mostra, in un palazzo storico appartenente al Banco di Napoli, e ci finite dentro. Il prezzo è irrisorio (5€, ridotto 3€, gratuito per i clienti del Banco di Napoli) ma il contenuto è di un valore immenso. La collezione permanente non è da sottovalutare, ma ciò che è stato portato e che rimarrà fino all’8 Aprile, rende il tutto, nel complesso, straordinario. Di De Nittis qua dentro ce ne sono un sacco, al punto che dà il nome alla mostra. Non vi troverete però Il passaggio degli Appennini. Perché è stato rubato. Nel 2004. E poi ritrovato. Ora è nell’Ottocento Privato al Museo di Capodimonte. Solo per chi lo merita, solo per chi ci tiene veramente. Io direi che ci tengo veramente, sono su quella diligenza dal 31 dicembre. Ancora deve arrivare.
Via Palizzi, Via Mancini, Via Morelli, sono tra le più belle vie di Napoli. Oddio, di strade belle ce ne sono tante, ma questi nomi vengono dai migliori pittori napoletani dell’800. Sono quelli esposti al Palazzo Zevallos fino all’8 Aprile. Non c’è memoria però di una via De Nittis. Al secondo piano del palazzo, nella collezione permanente, ci sono altre cose da non trascurare, altri che hanno dato nomi a strade. Pitloo, Gigante, Luca Giordano. Tutti nomi di strade del Vomero. E anche un Caravaggio, Il Martirio di Sant’Orsola che è momentaneamente a Milano.
Ma torniamo a De Nittis, che dà il nome alla mostra, insieme a Gemito. De Nittis è conosciuto più in Francia che a Napoli. I suoi dipinti sono esposti al Museo d’Orsay in mezzo a quelli dei migliori impressionisti, ed era intimo amico di Manet. Ciò che differenziava questi pittori napoletani dagli impressionisti parigini era proprio venire da una formazione classica, che in qualche momento della vita fu anche motivo di critica: qualcuno diceva che i loro dipinti fossero più alla moda e adatti al grande pubblico e che stavano perciò approfittando del mercato. In realtà ognuno dipinge ciò che sente, e loro venivano da una formazione diversa, perciò dipingevano così, si differenziavano naturalmente perché le radici erano diverse. Erano andati a Parigi a imparare le tecniche dell’impressionismo, il primo era stato Morelli che prese casa nella foresta di Fontainebleau. Ma il migliore di tutti era evidentemente De Nittis, che era sempre insieme a Manet. All’inizio della loro conoscenza, si scambiarono due quadri. Manet gliene regalò uno suo e De Nittis ricambiò. I due sono evidentemente vicini, erano molto amici. Oggi i De Nittis, probabilmente il più rappresentativo degli esponenti di questi impressionisti napoletani, sono a Capodimonte, Barletta, Parigi, qualcuno anche tra Lucca e Viareggio.
De Nittis muore a soli 38 anni. Nasce a Barletta ed è di buona famiglia, il padre è un dissidente politico e muore suicida quando Giuseppe De Nittis ha 10 anni. La madre era già morta quando aveva 4 anni e non ne ha alcun ricordo, ma pare assomigliasse alla moglie Léontine. I due fratelli De Nittis, fin da subito praticamente orfani, passano sotto la protezione del nonno Vincenzo, architetto delle saline di Barletta. Giuseppe De Nittis si iscrive all’Accademia delle Belle Arti ma ne viene espulso. Un altro che si suiciderà presto è il fratello Vincenzo.
Non si può dipingere tanto per dipingere: De Nittis era evidentemente un’anima irrequieta e trovo strano che avesse già messo da parte nei taccuini la sua autobiografia. Muore giovane, a 38 anni a causa di un’edema polmonare e cerebrale. Lascia sola la moglie Léontine con una moltitudine di debiti. Ne avevano fatte di feste nelle loro due ville a Parigi. Però molti dei loro quadri li avevano anche ricomprati e donati al museo di Barletta.
La moglie Léontine è ricorrente nei quadri. In particolare nel Pranzo a Posillipo, incompiuto. “Nelle serate di luna piena ci riunivamo in terrazza a cenare.”, scrive. Sullo sfondo Palazzo Donn’Anna.
Quell’incompiutezza, quei volti sfocati, danno ancora maggiore veridicità all’istante catturato. Siamo davvero vicini al mondo della fotografia. A volte ci si dimentica che impressionismo vuol dire impressioni. Come in Colazione in giardino. Un tovagliolo spostato, Léontine e il figlio Jacques. Un posto vuoto, appena lasciato da De Nittis.
E poi, un’altro elemento ricorrente, è il continuo ritrarre l’Ofanto. Il passaggio degli Appennini. De Nittis è considerato uno dei grandi sconosciuti che ha trovato la sua fortuna altrove.
L’Ottocento Privato a Capodimonte
Nell’appartamento della figlia del re Francesco I è allestita la mostra Ottocento a Capodimonte, o anche detta Ottocento Privato, visitabile solo su prenotazione in data concordata. Questo appartamento al primo piano, i cui balconi affacciano su Capri, è stato arredato con pregiati mobili dell’epoca e comprende pezzi meravigliosi della collezione del Museo, tutti relativi all’Ottocento, disposti in un luogo maggiormente riservato per preservarli dal grande flusso dei visitatori, i quali comunque nelle sale principali del Museo trovano già quello che intendono vedere, pure troppo per fruirne con attenzione. Nell’Ottocento Privato vi sono opere di Gigante, Gemito, e ciò che a noi interessa, i De Nittis rubati nel 2005: Passaggio degli Appennini e Casale nei dintorni di Napoli. I quadri di De Nittis erano stati assicurati per due milioni di euro ma pare valessero molto di più. Erano stati spostati a Milano alla fondazione Mazzotta per un’esposizione temporanea e stavano ritornando al museo di Capodimonte, al quale appartenevano. Il furgone parcheggia in viale Kennedy, a Fuorigrotta, e l’autista va in albergo e riposare, lasciando il furgone incustodito, sulla strada. Al ritorno tre De Nittis sono scomparsi: “Il passaggio degli appennini”, “Casale nei dintorni di Napoli” e “Il caffè”. Due di questi vengono ritrovati nel 2010 in un garage a Venezia, danneggiati affinché si confondessero e non venissero riconosciuti, il cielo di uno dei quadri era stato modificato. Non è stato trovato più Il caffè, il cui furto evidentemente era stato commissionato (e gli altri due, presi in aggiunta) e il quale sarà stato evidentemente venduto nell’immediato.
Nell’Ottocento Privato i quadri sono senza didascalia e una ragazza, la mattina del 31 dicembre, ci accompagna con pazienza nella visita, consultando nella legenda ogni volta che abbiamo curiosità di qualche opera. Tuffolina, la Schiava Turca, Casciaro, Pratella, si susseguono e infine un volto di donna dallo sguardo a metà tra la rassegnazione e la tristezza, che guarda altrove, che a lei non sembra bella, ci offre il suo congedo.
“La bellezza non è nella perfezione.”
Ma certe cose ci si avvicinano. Sembra quasi che la si tocchi, la perfezione, nell’incompiutezza, nell’approssimazione, nell’impressione fugace di certi quadri.
(Valentina Guerriero)