C’è sempre una prima volta. La mia, in questo momento mentre scrivo, è quella di trovarmi dall’altra parte. Io alla tastiera, i giovani attori ed uno spettacolo ad essere recensiti. Non che non mi riesca bene il ruolo di criticone, ma ci ho pensato due volte per la paura di lasciarmi prendere da solidarietà professionale e non essere obiettivo. Non è stato così e vi spiego perché.
Ogni volta che mi sono trovato io dall’altra parte ho sempre vissuto nell’emozione e nella carica che il pubblico mi trasmette. Stavolta il mio viaggio è stato nella carica dello spettacolo ad un metro dai miei occhi, e non ho pensato agli attori e alla loro performance: il mio spettacolo è stato un percorso nelle emozioni forti.
Le edizioni de “Il Castello della Paura” sono le rappresentazioni adatte per chi nel teatro cerca quella relazione particolare, carnale e sanguigna, con le emozioni, l’imprevedibilità di essere spettatore ma sulla scena. Franco Nappi, regista creatore nonché interprete, vuole questa immersione totale nelle storie che egli scrive, conduce lo spettatore negli spazi affascinanti ed antichi del castello di Grottaminarda, fino scovare, con l’aiuto dell’interprete guida, un po’ umano un po’ spettro, i personaggi nelle loro tane, pronti a far rivivere il tempo che li vide protagonisti.
“Nel Nome del Sangue” è il titolo della quarta edizione di questo format. E’ la bramosia di sangue il filo conduttore delle storie narrate e le ragioni che portano gli uomini a desiderarlo, spinti dalle pulsioni che sono umane ma diventano folli al suo apparire, quasi come fosse una panacea in grado di calmare il dolore. Oppure una droga che dà dipendenza e che non abbandona più le vite di chi ne ha provato il sapore. Perché, come ripetono i personaggi, nulla lava via il sangue.
E così siamo pronti ad ascoltare dalla sua voce ipnotica, le vicende di Josè che, implicato nelle lotte per la corona spagnola, diventa uno spietato killer per il suo amore perduto per sempre. E poi la storia Cosimo e Remo ai quali la sete di vendetta donerà un potere grande e terribile. Sean e Claire, ultimi e vessati ma uniti in un passione perversa nell’amore per loro stessi e per il sangue, folli sadici e insieme di notte, timidi e dimenticati di giorno. Per finire con Vasilij – interpretato dallo stesso Nappi – romanziere diventato eroe a Stalingrado ma tradito dal potere e rinchiuso con i suoi fantasmi che trasforma in infiniti modi per placare la sete di sangue.
Ripeto: un percorso nelle emozioni che gli attori comunicano alla perfezione. Vivere una storia fra le mura di un castello vuol dire immaginarsi antiche segrete o intrighi di palazzo, sangue versato su quello stesso pavimento da un uomo che ad un metro da te comunica la sensazione che potrebbe rifarlo anche adesso. E se gli attori plasmano la tua adrenalina, diventano compagni, se non nemici, nell’avventura di questo enorme teatro.
Per questo sono qui a scrivere con coscienza sincera quello che ho provato nel trovarmi spettatore, sperando, armato solo delle parole, di farvi capire quello che gli attori con la loro arte hanno a me lasciato. Non facendomi rimpiangere le emozioni di quando sono io dall’altra parte.
Daniele Acerra