di Salvatore Guerriero, Presidente Nazionale ed Internazionale della CONFEDERAZIONE DELLE IMPRESE NEL MONDO – PMI INTERNATIONAL
Il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha proposto una tassa sugli extraprofitti delle banche, presentandola come una misura “Robin Hood” per ridistribuire i profitti generati durante l’incremento dei tassi di interesse deciso dalla Bce per combattere l’inflazione.
Tuttavia, il destino di questa tassa ha preso una piega inaspettata. Inizialmente concepita come un mezzo per generare introiti significativi per lo Stato, la sua implementazione è stata poi modificata, offrendo alle banche un’alternativa: creare una riserva speciale non distribuibile anziché pagare la tassa. Un’opzione che tutte le banche italiane hanno prontamente adottato.
Giorgia Meloni ha difeso la mossa, affermando che l’incremento delle riserve avrebbe stimolato il credito ai cittadini. Tuttavia, i risultati finora dipingono un quadro diverso. Nel 2023, le banche italiane hanno registrato utili netti di 25 miliardi, mentre il governo sperava di recuperare circa 2,5 miliardi attraverso la tassa sugli extraprofitti.
Paradossalmente, lo Stato non ha incassato nulla da questa tassa, mentre le banche sembrano aver tratto vantaggio dall’innalzamento delle riserve. Questo aumento ha coinciso con un significativo abbassamento degli accantonamenti sui crediti, portando a un aumento degli utili bancari. Un’analisi dei conti delle cinque principali banche italiane rivela che la voce accantonamenti è diminuita del 47%, consentendo alle banche di limitare le riserve destinate a fronte di perdite su crediti.
Tuttavia, il lato oscuro di questa situazione emerge nel fatto che i crediti concessi a famiglie e imprese sono rimasti fermi, nonostante le promesse iniziali di aumentare il credito. Inoltre, la tassa sugli extraprofitti, anziché generare introiti per lo Stato, sembra aver contribuito a ulteriori guadagni per le banche stimate tra 3 e 4 miliardi.
La tassa che inizialmente doveva essere un atto di giustizia finanziaria sembra essersi trasformata in un paradosso, beneficiando più le banche che lo Stato. Un autentico capolavoro di strategia finanziaria che solleva interrogativi sulle reali intenzioni di questa misura e sul suo impatto effettivo sull’economia italiana.