a cura di Giovanna Acierno
“Ho paura che mi ammazzi”. Sembra una premonizione quella che Sara Di Pietrantonio rivelò al suo nuovo fidanzato, Alessandro Giorgi, una settimana prima del delitto. Quella frase venne fuori il giorno in cui Vincenzo Paduano la sorprese con Giorgi: la strattonò e la obbligò a salire in auto, chiedeva spiegazioni. Non riusciva ad accettare la fine della loro storia. Così il 28 maggio, dopo averlo ricevuto a casa, Sara gli ribadì che voleva troncare. Covava molta rabbia e dopo quelle parole Paduano decise di agire: chiese uno spray urticante a un suo ex collega, che dovrà essere riascoltato dagli inquirenti. Voleva tramortirla in qualche modo. Nonostante la tanica di benzina in auto, lo spray al peperoncino, il tentativo di costruirsi un alibi lasciando il cellulare al lavoro e affermando che si trovava in quella zona poiché era stato con una prostituta, il gip non ha accolto la premeditazione. Ma oggi ci sarà un vertice in Procura per fare il punto sulle indagini. Mentre verrà dato il nulla osta per la restituzione della salma dopo l’autopsia. Sara, una 20enne come tante ma dal destino inusuale. Sara bruciata assieme ai suoi sogni, alle sue ambizioni. Sara, un numero in più, un pezzo di questo puzzle interminabile: l’ennesima vittima di un amore malato. Era il 2 giugno del ’46,quando le donne votarono per la prima volta. Settanta anni da allora,settanta anni da quello che sembrava essere l’incipit del riscatto femminile. Mera utopia? Se dovessi rispondere con sincerità a questa domanda la mia risposta sarebbe un “no” secco. Il genere femminile, è riuscito a farsi strada nel corso degli anni ottenendo la par condicio in quasi tutti gli ambiti. Si è addirittura ipotizzata una discriminazione all’incontrario in quanto vede la donna “fin troppo tutelata e protetta”. L’unico luogo in cui la par condicio è un miraggio, è la mentalità degli uomini. Uomini cresciuti con la consapevolezza di essere il sesso più forte, di essere padroni di cose e persone, di essere ” imperatori ” e le donne, di conseguenza, concubine al loro seguito. A prova di ciò, gli innumerevoli drappi rossi appesi ai balconi di quasi ogni abitazione. Sciarpe, maglie, fili di nastro o semplici panni, per ricordare Sara e tutte quelle come lei uccise da chi poco prima sbraitava amore. Con Sara salgono a 55 le vittime di femminicidio del 2016 in Italia, 1740 negli ultimi dieci anni, in costante aumento. Il movente è sempre lo stesso: quello passionale. Mi chiedo, da quando la passione porti alla persecuzione e all’uccisione. A casa mia,la passione è un postulato dell’amore. L’amore è passione,la passione è amore e dove c’è amore non c’è morte. Non se ne può più. Per quanto ancora dovremmo piangere la morte di povere donne innocenti? Ma soprattutto quando le donne inizieranno a denunciare e a rendersi conto che accanto hanno una persona violente e quindi cominceranno ad allontanarsene? Ho ascoltato storie di ragazze che erano quasi ” orgogliose” della gelosia del proprio compagno,come se questo fosse una spia di amore. Così come ho sentito minimizzare le insistenze da parte di un partner lasciato, gli insulti e persino gli schiaffi. Basta che chiede scusa, giuri che non accada più e si mortifichi che tutto viene lasciato nel dimenticatoio. Tutti questi invece sono dei campanelli d’allarme,che noi donne dobbiamo imparare a riconoscere e a non sottovalutare. Primo di un altro atroce femminicidio.