L’amministrazione Di Nunno già alla fine degli anni ’90 intese dare una svolta radicale alla gestione dei rifiuti riguardante la città e la provincia di Avellino, prima sviluppando il ruolo del Consorzio Avellino 1 e poi promuovendo la nascita della società interamente pubblica ASA, quale strumento operativo del ciclo raccolta – trattamento – smaltimento interamente gestito dalla mano pubblica.
L’amministrazione Festa ha deciso di invertire la rotta uscendo dalla società “Irpiniambiente s.p.a” con la nascita di una società mista, la “Grande s.r.l.”, di cui il 51% è in mano pubblica e il 49% nelle mani di un privato, affidando a tale società un appalto di 140 milioni di euro per 15 anni.
Questi i fatti.
E’ legittimo porsi domande. La prima è: perché si è inteso minare un servizio che fa leva sulla unitarietà dell’offerta e che opera a livello provinciale?
La seconda è: il percorso intrapreso dalla Amministrazione della città di Avellino, sempre in ossequio alla legge regionale 14/2016, potrebbe spingere a ulteriori possibili suddivisioni in sub-ambiti ottimali attraverso l’associazionismo di singoli Comuni. Tale ulteriore frammentazione provinciale, oltreché dei servizi di raccolta-spazzamento, la si dovrebbe giudicare favorevolmente? Non ne siamo convinti.
La terza è: perché i 71 lavoratori destinati a svolgere la loro opera nella nuova società “Grande”, dovrebbero essere assunti dal socio privato e non dalla stessa “Grande”, società mista, pubblico-privata? A noi appare del tutto incomprensibile.
Sulla vicenda pure va detto che gravano procedimenti giudiziari, sui quali non ci sembra opportuno, né corretto, intervenire.
Tutt’altro, però, sulle scelte politiche: è nostro intento attestarci su posizioni in difesa dell’interesse collettivo e dei diritti dei lavoratori, determinati dal convincimento che servizi delicati – non sottacendo esempi di gestioni pericolose nel nostro Paese – debbano per intero essere controllati dall’Ente pubblico.
La nostra azione politica tende al mantenimento della gestione pubblica dei beni comuni, come la gestione dei rifiuti, pur doverosamente riconoscendo al privato capacità di surrogare carenze o di favorire investimenti non contrastanti.