Germaine Greer, scrittrice australiana, non è mai stata banale: i suoi scritti e i suoi pensieri già dagli anni Settanta hanno condizionato molto il pensiero femminista, sin dal suo primo libro, datato 1970. In quello scritto, intitolato “L’Eunuco Femmina”, denunciava la ‘castrazione’ delle donne costrette a rinunciare al proprio piacere sessuale e a rispondere a un modello di femminilità tutto maschile.Stavolta però la Greer ha alzato l’asticella, come aveva peraltro fatto già negli ultimi mesi e anni. Nel 2015 parlò dei transessuali definendoli “orribili parodie” delle donne, pochi mesi fa attaccò il movimento #metoo, creatosi dopo lo scandalo Weinstein, definendolo lagnoso, mentre alcune sue protagoniste, nelle sue parole, diventarono addirittura delle “stuprate in carriera”.Ora finisce ancora nella bufera, per le sue nuove dichiarazioni sullo stupro. Per Germaine, la violenza sessuale non è un crimine violento, ma un crimine “pigro, incurante, insensibile”. Nel suo prossimo libro On Rape sostiene l’abolizione del reato di stupro, a favore di un ampliamento dei reati sessuali di diversa gravità: la scrittrice si pone anche dei dubbi sul fatto che le vittime di stupro subiscano disturbi post traumatici. Da qui un paragone con i veterani di guerra: “Solo il 20% di loro soffrono di stress post traumatico, mentre tra le vittime di stupro sarebbe il 70%: ma che diavolo dite? Dopo uno stupro non ci sentiamo ferite, ma solo irritate”.Da qui la proposta di abolire il reato di stupro e punirlo solo con 200 ore di servizio civile: magari un tatuaggio, una R sulla guancia, potrebbe rendere riconoscibili gli uomini condannati per violenza sessuale, una specie di lettera scarlatta 3.0. Le parole di Germaine Greer hanno ovviamente scatenato l’ira delle femministe, soprattutto sui social, dove è stata definita “pericolosa e ignorante”.