Era lo scorso 22 dicembre 2017 quando il Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo svoltosi a Torino, decise di incorporare il Banco di Napoli, decretandone la sparizione come banca autonoma, mettendo la parola fine ad una banca nata nel 1539. Dal lunedì prossimo, 26 novembre, il Banco di Napoli sarà definitivamente integrato al gruppo Intesa Sanpaolo, pur mantenendo il suo logo, almeno fino al 2020, nelle agenzie del Mezzogiorno.
Oltre al Banco di Napoli, l’operazione coinvolge: Banca Nuova, Banca Imi, Mediocredito Centrale, Banca Prossima, Carisbo, Banca Apulia, Cassa di risparmio del Veneto, Carifirenze, Cassa di risparmio Friuli Venezia Giulia, Cassa dei risparmi di Forlì e della Romagna e Cassa di risparmio di Pistoia e della Lucchesia.
Intesa Sanpaolo spiega che il marchio resterà «almeno fino al 2020, più probabilmente sino alla fine del piano industriale: il 2021. Da lunedì 26 novembre, data di efficacia giuridica dell’operazione, il codice Iban del Banco di Napoli scomparirà per i clienti.
Questa decisione sottrae al Mezzogiorno uno degli ultimi centri decisionali ed un sicuro punto di riferimento per l’economia reale e il progresso sociale del nostro territorio tradendo quello che era stato l’obiettivo dei soci fondatori.
Ciò comporterà l’ennesima perdita di competenza e professionalità che hanno consentito al Banco di Napoli, nonostante tutte le vicissitudini del passato, di rimanere una banca di altissimo livello e di essere sempre stata vicina a persone e imprenditoria del territorio.
… Un po’ di storia
Con l’Unità d’Italia nel 1861, il Banco delle Due Sicilie divenne Banco di Napoli. A far data dal 1861 il Banco di Napoli, nonostante tutte le difficoltà derivanti dal nuovo assetto istituzionale e politico del Paese, moltiplicò la sua attività, intensificando i suoi rapporti con il mondo economico privato. Oltre alla istituzione di una Cassa di Risparmio, annessa in seguito alla sua Azienda Bancaria, il Banco di Napoli incrementò, in pochissimi anni, il suo patrimonio e aprì proprie dipendenze a Firenze (1867), Roma (1871) e Milano (1872).
Riuscì ad accreditare la carta di sua emissione, divenendo il secondo Istituto di credito del regno. Ciò favorì il processo di penetrazione nell’economia e nella società a favore delle categorie più industriose del Paese. Il Banco di Napoli sovvenzionò, a più riprese, l’economia napoletana e meridionale sostenendola nei periodi di maggiore necessità. Finanziò la trasformazione dell’agricoltura meridionale da cerealicola in specializzata e la maggior parte dei vigneti ed agrumeti delle regioni meridionali si avvalse dei prestiti concessi dalla Sezione di Credito Agrario del Banco. (fonte sito Intesasanpaolo)