Nel mezzogiorno d’Italia, a partire dalla metà di giugno, quando i campi coltivati a grano cominciano a esser dorati e il sole cocente alto nel cielo allora, è il tempo favorevole per la raccolta del grano. E questo, accadeva anche nel secolo scorso.
Qualche decennio fa, viveva ancora a Flumeri (AV), un vecchio contadino di nome Pasquale Cedro, il quale amava raccontare, la sua esperienza di “mietitore di grano” in Puglia. I mietitori flumeresi, tutti contadini induriti dal lavoro nei campi, partivano a gruppi con destinazione la Puglia, con il solo falcetto legato alla cintola, e tanta speranza di trovare lavoro.
Alcuni, prendevano il treno alla stazione di Ariano Irpino, con destinazione il Vallo di Bovino, dove inizia la pianura cosiddetta, “Tavoliere delle Puglie “ in provincia di Foggia. Invece, altri gruppi partivano da Flumeri, passando per la Civita Alta in territorio di San Sossio Baronia, poi Scampitella, proseguendo per il bivio di Monteleone, passando per Accadia e fino a raggiungere Deliceto un paese a mezza costa, che sovrasta il Tavoliere delle Puglie, tra Foggia e Candela. Una distanza notevole, di oltre 45 chilometri, fatta tutta a piedi per viottoli di campagna e strade secondarie.
La mietitura a mano, era eseguita dai mietitori con una piccola falce a mano, poi i fustelli venivano legati tra loro con le corde a formare le cosiddette (regne), che poi sarebbero state caricate su carretti trainati da cavalli, o a dorso di muli per le parti più impervie e portati sull’aia della corte a formare i covoni. Il lavoro durava all’incirca un mesetto, dalla seconda metà di giugno, alla prima metà di luglio, dopo di che tutti ritornavano al paese di origine.
Quello della mietitura a mano, è durato fino agli inizi degli anni 60, come ci è stato confermato anche da Francesco Monaco, un cittadino nativo di Deliceto, che a quell’epoca aveva 15 anni, e che ricorda tutto anche con altri episodi, riferiti alla trebbiatura dei covoni sull’aia. E il fermento, che ravvivava una volta le aie e gli animi, durante quei giorni di trebbiatura, come fosse una festa. Ha ricordato anche; “ i mietitori, che sceglievano Deliceto, avevano la possibilità di pernottare nella piazza a nord del paese distesi per terra, con il falcetto legato alla cintola e la giacca a fare da cuscino. La piazza, era da sempre scelta, perché c’era una fontana, che gli serviva oltre a dissetarsi dopo una giornata lavorativa senza sosta alcuna, ma anche per lavarsi la mattina seguente, prima di partire per i campi del tavoliere “.
Mentre quelli, che sceglievano la pianura al di la del Vallo di Bovino, Pasquale Cedro ci raccontava; “ una volta scesi dal treno, ci avviavamo in cerca della più vicina casa colonica, e chiedevamo di voler lavorare alla mietitura, per cui, una volta terminato il primo campo, passavamo ad un’altra casa colonica, e così fino alla fine. Ma, le condizioni di vita erano pessime, con poco cibo e la notte si dormiva nei campi. Però, ci dovevamo accontentare, altrimenti ci mandavano via e altri padroni non ci davano da mietere, era un passa parola “.
Oggi invece, la mietitura e la trebbiatura avviene tutto in contemporanea, a mezzo di mietitrebbie, direttamente sul campo di grano. Il tutto, eseguito da due o tre operatori qualificati a condurre macchine agricole e camion. E da Flumeri, invece di uomini detti mietitori, partono i titolari di Aziende Agricole, proprietari di moderne mietitrebbie, come: S.R – Azienda Arcolento e R.A – Azienda Settevento, e la migrazione moderna continua.
Carmine Martino