Pier Paolo Pasolini veniva ucciso brutalmente 47 anni fa. Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista, è uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani. Dotato di un’eccezionale poliedricità culturale, si distinse in numerosi campi, lasciando opere come cineasta, pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista non solo in lingua italiana, ma anche friulana. Attento osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni Settanta, suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi, assai critici nei riguardi delle abitudini borghesi e della nascente società dei consumi. È un grande classico “ fuori dal tempo” non essendoci oggi nessuno che ne abbia raccolto l’eredità, che era poi un modo di essere poeta e intellettuale. Quello che manca oggi é il suo essere poeta riflessivo, intellettuale ‘corsaro’ che attacca il degrado della società e il conformismo, le idee della piccola borghesia benpensante e il potere dei Palazzi che ne è l’espressione. L’unico che ha saputo reagire alle ingiustizie e ai guasti della società con provocazioni personali fino allo scandalo come attestano i suoi scritti.
Questo suo modo di essere, il suo dare scandalo con le opere, con la sua vita e la sua omosessualità, lo hanno trasformato dopo la sua morte in una presenza costante nel dibattito culturale mondiale. Un punto di riferimento sempre vivo tra studiosi e studenti. Oggi il suo ricordo è un ricordo nostalgico…
Pasolini è uno sguardo unico sul mondo. Ha trattato la distruzione del corpo come iperbole della sudditanza del corpo sociale al potere del consumismo. La rinuncia ad essere liberi per diventare schiavi in questo mondo di desideri e di consumi. Sceglie stilisticamente la visione orrida, come nel film “Salò e le 120 giornate di Sodoma” per rappresentare un mondo senza poesia.
E ci riesce in modo magistrale.