A cura di Valentina Guerriero
Che Ottaviano Augusto sia morto a Nola c’è scritto in tutti i libri di storia e letteratura latina. Cosa che i nolani celebrano modestamente, con una statua in piazza Duomo.
In molti raccontano che nel giorno della sua morte, Augusto stesse passando su quella che probabilmente oggi è la odierna SS 7 bis, tra Schiava e Tufino, quando chiese di fermarsi a Nola. Stava ritornando da Benevento, dopo essere stato a Napoli e nelle isole vicine. Il corpo venne poi trasportato da Nola a Roma.
Come racconta Svetonio:
L’ultimo giorno della sua vita, Ottaviano Augusto chiese uno specchio, si fece sistemare i capelli e, chiamati i suoi amici, chiese loro se avesse ben recitato la commedia della vita, aggiungendo la tradizionale formula conclusiva:
«Se la commedia è stata di vostro gradimento, applaudite e tutti insieme manifestate la vostra gioia.»
Ma un po’ meno nota della morte di Augusto e tanto meno visitata è invece la cosiddetta Villa Augustea di Somma Vesuviana, i cui scavi adesso procedono grazie ad un progetto dell’Università di Tokyo.
Scoperta intorno agli anni 2000, è visitabile su prenotazione o in giornate dedicate. Che l’università di Tokyo sia effettivamente coinvolta nell’operazione (ha comprato il sito ed è lei che gestisce le risorse) è testimoniato dalla presenza di un autentico volto giapponese all’accoglienza del sito.
Il nome della villa è stato ovviamente dato per le possibili connessioni con Augusto: appena scoperta si credeva infatti, vista la maestosità, che questo edificio fosse appartenuto a lui e proprio per ciò l’imperatore romano avrebbe chiesto, in punto di morte durante il viaggio, di fermarsi a Nola. Di fatto però molti dettagli storici non quadrano e sembra che questa villa sia in realtà successiva e non collegata direttamente ad Augusto. Ma ci sarebbe ancora molto da indagare al riguardo.
Tra i pezzi più importanti ritrovati all’interno ci sono due statue a grandezza naturale, di cui una del dio Dioniso che ora si trova nel museo archeologico di Nola. Questo Dioniso, appena ritrovato, fu prima spedito nei musei del Giappone, quindi possiamo dire che questa statua del dio del vino e dei sensi sia divertita parecchio: dopo tanti secoli seppellito nell’oscurità, ora è andata pure a farsi un viaggio in Giappone.
Anche altri simboli dedicati a Dioniso sono stati trovati nella villa, come il flauto. Non si sa bene a chi appartenesse questo maestoso palazzo, ma è sicuro che si trattasse di coltivatori agricoli specializzati nella produzione di vino, come testimonia la presenza di boccioni da 2000 litri di vino. Nel raggio di molti chilometri non s’è ritrovata nessun’altra villa di una tale ricchezza, e si pensa, a questo punto, che i proprietari fossero perlomeno di parenti di Augusto.
Nella zona erano certamente dediti a riti dionisiaci, in cui si ballava, si cantava, si beveva e si faceva l’amore. Tradizione che a Somma Vesuviana s’è mantenuta, tant’è vero che anche nei tempi odierni in molti, come Roberto de Simone (la Gatta Cenerentola), sono qui andati ad “attingere” spunti delle antiche tradizioni per le loro opere. Ci sono gruppi di tarantella ancora molto attivi, e si organizzano feste per le quali molte persone vengono anche da fuori, tenute in antichi casali dove tuttora si produce vino, si beve e si danza fino a notte fonda.
Qui anche le feste religiose cristiane hanno ancora commistioni con la danza e con il vino: da Santa Maria al Castello (frazione di Somma, considerata il luogo più ameno di Somma), alle pendici del Vesuvio, durante le feste gruppi di fedeli portano con loro un prete per celebrare la messa nel bosco, e dopo averla celebrata, continuano a danzare, a bere e a mangiare per tutto il giorno.
C’è di sicuro una grande devozione per la Madonna, e lì al santuario di S.Maria al Castello quella venerata è la Madonna della Neve, a cui è legata una leggenda abbastanza simile a quella di tante altre madonne, grottesca e misteriosa allo stesso tempo. Pare che di questa statua sacra inizialmente fosse stata ritrovata solo la testa e affidata a un restauratore napoletano, che chiuse questa testa in una cassa. La figlia disabile del restauratore, lasciata da sola in casa, venne chiamata dalla Madonna chiusa nel mobile e per poterla liberare la ragazza fu miracolata e riprese a camminare.
La Madonna in questa occasione chiese però di essere posta su di un corpo rapidamente: ecco perché questa statua, realizzata in fretta e furia, risulta oggi così sproporzionata: la Madonna non aveva alcuna voglia di restare ancora in fondo alla cassa e si accontentò di un corpo realizzato in pochissimo tempo.
Il vino che si coltiva nella zona è la catalanesca, ottenuto da un vitigno antico che ha proprio questo nome, catalanesca. Si tratta di un IGT ma non è facile da trovare in commercio, la maggior parte delle persone lo produce per sé in modo molto artigianale.
Quindi immaginiamo che ai tempi dei romani si facesse lo stesso (sebbene l’utilizzo che loro facevano del vino era diverso, è noto che lo mischiavano con il miele e fosse molto differente al sapore), ma insomma, non è un caso che la divinità principale a cui la villa Augustea di Somma sembra dedicata, sia proprio Dioniso, cioè Bacco, il dio del vino.
Ma veniamo alla parte che più in questo momento ci interessa:
Nella statua custodita al museo archeologico di Nola (una delle due ritrovate nella villa) Dioniso è raffigurato con in braccio un panterotto, un cucciolo di pantera. Si tratta di un animale che spesso viene raffigurato con il dio e carico di significati. La pantera è un animale notturno, solitario e un cacciatore, rappresenta l’istinto e la forza che ne deriva, a cui Dioniso è collegato, essendo il dio legato al lato più primitivo e irrazionale dell’uomo. Un lato che però va inteso in senso positivo: è infatti attraverso ciò che l’uomo può vincere la morte, diventando tutt’uno con la natura. A Dioniso dobbiamo inoltre anche la nascita del teatro, è infatti legato alla maschera, tant’è vero che Nietzsche si dilungò a lungo sulla questione nella famosa opera “La nascita della tragedia”, in cui esprimeva i concetti di apollineo e dionisiaco che lo resero famoso (insieme ovviamente ad altri).
Ma ritornando alla pantera, pare addirittura che sia anche lei ghiotta di vino: e infatti in una statua che si trova nel castello di Baia (Bacoli) Dioniso è raffigurato nell’atto di abbeverarla.
Testi consigliati: La nascita della tragedia, Nietzsche
Fonti:
http://www.campiflegreionline.it/Visita_Castello_di_Baia.html
http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/uvacatalanesca.htm