a cura di don Giuseppe Parisi
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) Dal Vangelo secondo Luca 17,5-10
In questa domenica e nella prossima leggiamo due brani del capitolo 17 di Luca. Il brano di questa domenica riporta due discorsi che Gesù ha rivolto ai suoi discepoli durante il suo viaggio verso Gerusalemme. Un primo discorso (17,5-6) sottolinea la forza della fede. Esso si trova anche negli altri vangeli, e tranne Marco tutti gli evangelisti lo pongono all’interno dell’argomento della preghiera. Il gelso era reputato difficilmente sradicabile (capace di rimanere piantato per 600 anni), per il fatto di avere radici che penetrano profondamente nella terra. Gesù non esige una fede enorme per spostare un albero, cioè per rendere possibile ciò che pare impossibile; una fede molto piccola – come un granello di senapa – è già efficace, purché sia una fede autentica. Quindi, non importa la quantità della fede, ma la fede come tale. Essa infatti suppone l’atteggiamento di apertura di chi si fida totalmente di Dio e permette a Dio stesso di manifestare la sua potenza. Il secondo discorso (17,7-10) è la similitudine del servo con l’invito a considerarsi “servi inutili”. E’ una parabola i cui elementi erano facilmente conosciuti dagli interlocutori di Gesù. Con questa similitudine Egli critica quanti pensavano che le loro opere buone e la loro fedeltà alla Legge facessero guadagnare loro dei diritti dinanzi a Dio. Da ciò la tentazione di creare rapporti del tipo do ut des (io ti do perché Tu mi dia in cambio ciò che io desidero), come se Dio fosse obbligato a ricompensare l’obbedienza ricevuta dall’uomo. Gesù parte da un esempio della vita sociale per reagire contro un atteggiamento dell’uomo che tende ad avanzare pretese dinanzi a Dio. Lo schiavo non può pretendere e non si aspetta la gratitudine del padrone. Egli ha fato ciò che doveva fare. E’ così, non c’è da stupirsi!