Quella della storia è una tematica molto cara al Romanticismo. Vi è, infatti, una rivalutazione di quest’ultima che appare come una netta differenza con l’Illuminismo, in cui i ” lumi della ragione” dovevano illuminare l’oscurità politica e religiosa; nell’Illuminismo molte epoche storiche furono del tutto “abbandonate”, perché gli intellettuali pensavano che queste ultime fossero irrazionali, e proprio per questo esso è un movimento antistoricista. Il romanticismo, invece, crede fermamente che nella storia si verifichi la Provvidenza, che si dispiega, a sua volta, anche nelle realtà e che, nonostante presenti le caratteristiche che a noi sembrano dei tratti negativi, questi, in realtà devono essere rivalutati, poiché ogni epoca ha una sua ragion d’essere funzionale ad eventi e sviluppi futuri.
Per questi individui la Provvidenza ha una struttura ben precisa per poter pensare alla storia come “processo umano”, che è globalmente positivo, in cui non vi è nulla di razionale ed il regresso è un fattore puramente apparente. Dunque, la storia o è una progresso necessario ed incessante nel quale il momento successivo supera il precedente, in perfezione e razionalità, o è da intendere come una totalità perfetta in cui tutti i momenti sono ugualmente razionali e perfetti.
Agli occhi dei romantici, l’Illuminismo appare antistoricista, considerando a dir poco assurda la pretesa di giudicare gli eventi storici, in quanto, essendo “frutto” della Provvidenza, non possono nella maniera più assoluta metterli in dubbio: se lo facessero infatti si metterebbero contro Dio e le Sue Capacità Divine.
Quindi, per quanto alcuni di questi eventi possano essere considerati alquanto brutali, essi risultano comunque inappellabili: fare altrimenti equivarrebbe a fare un processo contro Dio e poi, al di là della loro gravità, sono necessari per ottenere eventi futuri migliori.
Inoltre, per i romantici è impossibile giudicare il passato alla luce dei valori presenti; giudicare quindi la realtà passata con gli occhi del presente a causa del fatto che vi è una complessità diversa da ciò che è e ciò che è stato. Giudicare il passato sarebbe come non riconoscere autonomia agli uomini che “li hanno preceduti” e individualità al fenomeno dell’epoca stessa.
Ci troviamo, quindi, di fronte ad una sorta di “giustificazionismo” della storia: è lecito custodire tutti quegli elementi del dal passato ricevuti in eredità; ergo, non si può non santificare il passato, accompagnando questa essenza giustificatrice e porsi come tradizionalisti in un certo qual modo.
(Sebastiano Gaglione)