Indubbiamente le tecnologie hanno cambiato in meglio la vita di tutti, persino quella dei ladri d’auto che oggi possono arrivare a impiegare anche meno di 15” per concludere il loro “lavoro”. E’ incredibile, ma è quanto emerge dall’ultimo Dossier elaborato da LoJack Italia che riporta come in Europa i furti portati a termine con dispositivi hi-tech rappresentano il 5-10% del totale (circa 40.000 veicoli per un valore economico di quasi 800 mln di euro) ma la percentuale di queste sottrazioni sale al 20%-30% per le vetture rubate di ultima generazione, ovvero quelle presenti sul mercato da meno di 5 anni. Infatti, sono tecnologicamente avanzate e, quindi, anche disponibili a dialogare facilmente con i dispositivi che utilizzano sempre più frequentemente i ladri d’auto. Secondo le analisi di LoJack le auto maggiormente prese di mira, pardon soggette a essere sottratte illegalmente ai legittimi proprietari grazie all’ausilio di dispositivi hi-tech sono la Mercedes classe E, le Bmw serie 3 e 5 nonché la X5 e la X6 e, infine, tutte le Range Rover.
Prima di passare ai metodi oggi utilizzati da quelli che un tempo erano chiamati i professionisti “dello spadino”, ovvero gli attrezzi con cui venivano forzate le serrature e allargando il discorso venivano infranti i cristalli delle auto, va aggiunto che nonostante la continua evoluzione delle soluzioni destinate a evitare i furti presenti sulle auto (come gli immobilizer e le Smart Key) i profitti generati dal business dei furti d’auto sono in crescita sia in Europa sia negli Usa e, complessivamente, si aggirano intorno ai 20 miliardi di euro. Il risultato è frutto della rapidità con cui, negli ultimi dieci anni, i ladri hanno superato le evoluzioni tecnologiche compiute dalle Case automobilistiche, come dimostra il fatto che sempre più spesso vengono ritrovate auto che non presentano segni di effrazione. Una chiara testimonianza del fatto che i sistemi di protezione del veicolo sono stati messi fuori uso elettronicamente. Il trend oggi riguarda il 20% dei furti realizzati soprattutto nelle aree del centro-nord Italia, dove i ladri si affidano maggiormente al prezioso supporto delle nuove tecnologie, ma a livello globale è destinato a crescere velocemente nei prossimi anni.
Dalla ri-programmazione alla clonazione
I dispositivi hi-tech, oggi, più utilizzati anche nel nostro Paese per portare a termine i furti d’auto sono i cosiddetti sistemi di ri-programmazione della chiave che attraverso la connessione alla porta Obd, ovvero quella della diagnostica della vettura, consentono al ladro di ottenere una nuova chiave in meno di un minuto e in alcuni casi, come già accennato, anche in meno di 15 secondi! Questi strumenti possono costare da 10 a 50.000 euro, a seconda del livello di complessità, e non possono non allarmare Case costruttrici e automobilisti. Infatti, possono essere utilizzati su più modelli, sono semplici da usare perché non richiedono particolari conoscenze tecniche, sono facilmente reperibili sul mercato anche a prezzi non elevati grazie a “prodotti” che arrivano dai mercati low-cost come quelli asiatici e, infine, sono rapidamente individuabili dai “professionisti” del furto, tant’è vero che un nuovo modello perde la sua inviolabilità in un periodo che va da due a dieci settimane. Ma ci sono altre tecniche in rapida espansione come la clonazione del transponder di apertura delle porte e accensione, la ripetizione del suo segnale catturato e inviato al veicolo anche quando il proprietario è lontano, la sostituzione delle componenti elettroniche di bordo con altre già modificate e l’utilizzo di dispositivi in grado di superare l’immobilizer integrato nelle vetture.
All’orizzonte spuntano furti da connesso e da remoto
Ma non è tutto perché nei Paesi in cui gran parte del parco circolante è già dotato di molteplici dispositivi tecnologici non si è lontani dall’ingresso in una nuova era dei cyber-furti, ovvero quella caratterizzata da attacchi connessi e da remoto ai veicoli. L’ipotesi è, tutt’altro, che azzardata tanto più che un numero sempre crescente di nuovi modelli rimpiazza i dispositivi fisici (come le chiavi) con un’app da associare via bluetooth al telefonino del proprietario della vettura per sbloccare le porte e dare il consenso all’accensione del motore. In America hanno già scoperto che per gli hacker la mole di lavoro è pronta ad aumentare. Proprio per questo motivo l’Fbi ha pubblicato sul proprio sito un documento in cui spiega i rischi delle intrusioni nel software della vettura e consiglia quali precauzioni prendere per evitare attacchi che sfruttino l’accessibilità da remoto al veicolo. E il quadro è destinato a cambiare ancora, poiché s’ipotizza che nel 2020 circoleranno nel mondo circa 250 milioni di auto connesse, ognuna con più di 50 potenziali punti di debolezza. (fonte Sole24ore)