Giovanni Spiniello, scultore, pittore, incisore irpino, sarà a Matera dal 5 al 28 giugno nella Biblioteca Provinciale T. Stigliani con la sua personale “La Terra è Stanca” che ha il patrocinio della Provincia di Matera.
Mercoledì 5 giugno alle 17.00, all’inaugurazione della personale dell’artista nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale, interverranno Piero Marrese, presidente della Provincia di Matera, Enrico L. de Capua, dirigente delle attività culturali della Provincia di Matera, l’artista Giuseppe Filardi e l’avvocato Cristiano Losenno che ha curato l’organizzazione dell’evento. Durante l’incontro sarà proiettato un video sulle attività del maestro realizzato da Giancarmine Festa con le musiche del Maestro Mario Cesa.
Giovanni Spiniello nell’esposizione di Matera racchiude le sue esperienze grafiche, pittoriche e plastiche con la fossilizzazione oggettuale degli anni ’60, le cartoggettografie e plastoggettografie, i suoi Stiliti italici che saranno posti all’entrata di Piazza Vittorio Veneto, la Semina del Colore e le terraoggettografie del Ciclo la Terra è stanca.
Il maestro irpino conta importanti partecipazioni quali la Biennale di Venezia nel 1968, la Quadriennale di Roma nel 1975, la Seduzione dell’Artigianato a Roma nel 1990 ed è stato segnalato da Crispolti su Bolaffi negli anni ’70.
“Mi sono chiesto – afferma l’artista nella sua dichiarazione di lavoro – a cosa serve l’arte? Quale contributo di crescita può indicare?” “L’arte, per me – continua il maestro – è relazione intima di una vita in continua ricerca e sperimentazione. È rivolta agli ultimi, fin dagli anni ’60, dal lavoro di strada nei quartieri di Napoli, sulle aie dei contadini, nei paesi di confine come Quadrelle negli anni 70 e, oggi, Cairano e i paesi dell’entroterra appenninico irpino. L’arte è sperimentazione: sociale e tecnica. Gli ambiti dello sguardo sono senza limiti e confini orientati alla denuncia e alla conservazione della memoria. Le mie reminiscenze fossili, le impronte della Fossilizzazione oggettuale degli anni ’70, rinominate cartoggettografie da Crispolti testimoniano, infatti, il rapporto tra Arte, Natura e Scienza. La catalogazione nelle mie opere delle impronte fossili della biodiversità perduta è volta ad archiviare e museificare specie vegetali scomparse, ma ancora presenti nelle mie tracce fossili, a conservare l’impronta progressiva dell’inquinamento e degrado attraverso gli scarti, i rifiuti sovraimpressi nelle materie. L’arte è cancellare la linea di terra e percorrere la strada del cielo, dei sogni, delle favole. È il gesto del contadino, nella mia Semina del colore. È il rapporto intimo e d’amore con la terra e l’albero come relazione di osmosi e denuncia, che parte dalle mie plastoggettografie e continua nell’installazione di arte ambientale e sociale L’Albero Vagabondo che indica le discariche in montagna grazie alle favole e ai disegni dei bambini. La Terra è Stanca. Chi la osserva dalla Luna afferma che è Bella. Oggi, però, bisogna imparare a camminare a piedi scalzi, non lasciare altre impronte, sputando sulla propria madre, con arroganza. E prepotenza”. (Miriam Petraglia)