La Food Standards Agency ossia l’Agenzia per la Sicurezza Alimentare del Regno Unito (FSA acronimo), ha evidenziato che il lavaggio del pollo crudo può portare problemi di salute, perché favorirebbe la diffusione di un batterio chiamato Campylobacter, che può soggiornare in maniera latente nella carne. È noto, infatti, che il microrganismo in questione è microaerofilo, termofilo (si adatta bene a temperature comprese tra i 30 °C e i 47 °C con un optimum di 42°C), ma anche termo-sensibile (sensibile all’essiccazione) e resistente al congelamento (sopravvive meglio in condizioni di refrigerazione che a temperatura ambiente). Gli esperti della FSA hanno spiegato che attraverso il lavaggio del pollo, i batteri si diffondono sugli strumenti da cucina o sulle mani, favorendo la creazione di un ecosistema ideale per la distribuzione. Il patogeno può invadere poi il tessuto epiteliale intestinale e quindi innescare una condizione patologica nota come campylobatteriosi, caratterizzata da diarrea, febbre, nausea, crampi addominali e brividi di freddo. Gli specialisti hanno anche ricordato che secondo alcuni studi può sussistere una relazione tra l’infezione di Campylobacter e lo sviluppo della sindrome di Guillén Barré, chiamata a volte paralisi di Landry o sindrome di Guillain-Barré-Strohl, che è una radicolo-polinevrite acuta (AIDP, acute inflammatory demyelinating polyradiculoneuropathy) che si manifesta con paralisi progressiva agli arti con andamento disto-prossimale (di solito prima le gambe e poi le braccia). Quindi, anche se lavare il pollo è una pratica attuata da generazioni, vi è la possibilità che possa provocare, o meglio favorire, l’insorgenza di questo tipo di patologie. La FSA ha ricordato, infine, che i primi focolai sono stati rilevati in Cina. Alla luce di questi studi è quindi, sempre opportuno ridurre nella maniera migliore possibile il contatto diretto con il pollame crudo e utilizzare il più banale ed efficacie trattamento battericida: la cottura.