di Antonio Fusco
Cachi, , kachi, kaki e loto giapponese sono le varie forme lessicali con le quali possono essere indicate le grosse bacche commestibili dell’albero botanicamente chiamato diospyros kaki”. Il loro colore aranciato o giallo-scuro è passato ad indicare anche la tonalità cromatica di divise ed abiti detti coloniali. Nel dialetto napoletano i frutti del diospyros sono chiamati di solito cachissi e legnasante.
Originario della zona centro-meridionale della Cina, dove è coltivato da oltre 2000 anni, l’albero è una delle più antiche piante da frutta coltivate dall’uomo. Dalla Cina fu introdotto poi nei paesi limitrofi, come la Corea e il Giappone. La sua prima descrizione botanica europea, risalente al 1780, ne derivò il nome dall’unione delle parole greche Diòs ( Zeus ) e pyròs (frumento, cibo) , letteralmente “cibo di Zeus” per la dolcezza della polpa. Detto anche mela d’Oriente, fu diffuso in America e Europa nella metà dell’Ottocento. I primi impianti specializzati in Italia sorsero nel Salernitano, in particolare nell’ Agro Nocerino, a partire dal 1916, estendendosi poi in Emilia e in Veneto. La sua diffusione fu favorita ed incoraggiata nel Ventennio mussoliniano sia per la produzione di un frutto a buon mercato sia per le industrie conserviere che lo aggiungevano alle confetture di frutta mista.
Il cachi è oggi considerato “l’albero della pace“, perché alcune piante sopravvissero al bombardamento atomico che annientò la città di Nagasaki nell’agosto del 1945.
La parola napoletana cachisso è un’evidente corruzione dialettale di cachi, mentre un’origine più singolare si riscontra per la forma legnasanta. Alcuni glottologi napoletani, che si sono interessati di individuarne l’etimologia, sono del parere che potrebbe derivare dal fatto che se si taglia a metà verticalmente un dolce cachi vaniglia, che si può mangiare duro perché privo di tannino, con un po’ di fantasia nella parte bianca centrale si riesce a vedere la figura di Cristo sul Santo legno della Croce.
Nell’Agro Nolano, invece, si dice legnasanta perché se si aprono i due cotiledoni del seme legnoso (legna) si vede all’interno la fogliolina embrionale che somiglia ad una mano benedicente (santa) chiamata ‘a manella ‘e Gesù Cristo.
Nel passato, per farli ammezzire, era comune in autunno sistemare i cachissi di varietà più tanninica ed allappante in cassette di legno, oppure farne dei piennoli appesi sui muri esterni delle case di città e di campagna, per consumarli a mano a mano che maturavano diventando molli e dolcissimi.