Sono passati ormai sei mesi da quando io ed altri ragazzi decidemmo di organizzare la piazza delle Sardine ad Avellino. Ricordo il clima in quei giorni; le immagini della piazza piena di Bologna, poi quella di Firenze e Milano ed altre in giro per l’Italia, crearono grande fermento e grandi aspettative.
Confesso che non ero per niente sicuro di riuscire a riempire lo spazio di Corso Garibaldi ed invece, con mia grande gioia, accorsero quasi mille persone. Se penso ai discorsi di Stefano e Mariachiara, a Bella Ciao, alle luci dei telefoni accese durante El pueblo unido, alla paura di parlare davanti a così tanta gente, ancora mi emoziono. In quella piazza c’erano persone che avevano voglia di partecipare ma soprattutto voglia di riappropriarsi della politica. Una politica che non li aveva più ascoltati, una politica per la quale non valeva la pena neanche più andare a votare. Questo sentimento lo abbiamo riscoperto non solo quella sera del 1° dicembre ma anche nelle assemblee territoriali in giro per l’Irpinia e nei commenti che nei primi mesi arrivavano sulla pagina e sul gruppo Facebook irpino che intanto aveva superato i sei mila iscritti.
Poi qualcosa si è rotto. La vicenda della foto Benetton ha inevitabilmente allontanato alcuni e molti altri ci hanno abbandonato perché cercavano risposte che probabilmente non avremmo mai saputo dare in quel momento. Mentre ancora cercavamo una quadra interna, però, un paio di individui egemonizzavano i salotti tv. Non avevamo un manifesto, non avevamo una linea politica eppure in un periodo sembrava che avessimo un’opinione su tutto. Volete diventare un partito? Avete un accordo con il PD? Queste erano le domande più frequenti che mi rivolgevano le persone accorse in piazza. Tutte domande a cui non sapevo rispondere perché, intanto, il verticismo di pochi aveva escluso molti da qualsiasi tipo di discussione partecipativa.
Ho conosciuto Mattia Santori il 20 gennaio, il giorno dopo l’evento di Bologna che chiudeva la campagna che aveva visto le Sardine combattere il linguaggio sprezzante della Lega Nord. L’ho ritrovato un mese dopo in un clima diametralmente opposto, mentre a margine di un’iniziativa a favore degli operai veniva contestato dai militanti di Potere al Popolo a Napoli. In un mese era cambiato tutto. La battaglia in Emilia-Romagna era stata vinta, cosa fare ora delle Sardine nel resto d’Italia?
Proprio mentre ci stavamo preparando all’assemblea nazionale di Scampia è arrivato il coronavirus. In questi mesi lo stallo è stato evidente. È apparso chiaro che ci fossero due linee di pensiero contrastanti: la prima voleva tornare alle origini, tornando ad essere un movimento civico che facesse da sentinella per salvaguardare l’etica e la morale degli attori politici, sensibilizzando le persone su un tipo di attivismo che potesse influenzare in qualche modo gli scenari istituzionali; la seconda linea di pensiero era più politica ma anch’essa si divideva in due rami: influenzare il PD o cercare di creare un rapporto con tutte le realtà della sinistra?
Ecco, qui vi dico la mia. Mattia per me è un bravo ragazzo. Sicuramente il movimento paga a caro prezzo l’ingenuità che ha dimostrato in alcune occasioni e non si è certo palesato come un fine stratega politico; si è trovato, però, in situazioni che neanche si immaginava e si è fidato di persone che probabilmente avevano un intento chiaro: quello di fare politica in prima persona ed influenzare il principale partito del centrosinistra. Non è un caso se alcuni personaggi vicini alle posizioni di “vertice” abbiano avuto legami con il Partito Democratico e non è un caso che in questi mesi le Sardine siano diventate quasi lo spin doctor del PD (Bonaccini lo ha anche confermato). Io però avevo fatto una promessa a chi era venuto nella piazza di Avellino: “non abbiamo legami con il PD”. Anche perché se avessi voluto tentare di influenzare il PD, anche in minima parte, mi sarei fatto la tessera del partito. Niente di più facile. È qui che mi sono sentito preso in giro. Mi ero esposto in prima persona facendo anche delle brutte figure a causa di alcune uscite poco felici di qualche genio della comunicazione per cosa? Per prendere parte ad una guerra che qualcuno voleva combattere a mia insaputa? No.
Nelle ultime settimane ho cercato di capire se ci fosse qualcosa da poter recuperare. Restare da solo a gestire qualcosa che probabilmente è più grande di me non è stato per nulla facile. Ho aspettato l’uscita di un manifesto che però tardava ad arrivare sperando potesse far chiarezza sulla strada da percorrere e la sua uscita, prevista per giovedì, potrebbe, a questo punto, anche risultare inutile. Ma a cosa servivano le Sardine? Per me le Sardine avevano il compito di ridare speranza a chi non voleva darla vinta alle destre populiste, avevano il compito di ridare fiducia a chi era stato escluso dalla vita politica della propria comunità ed avevano il compito, forse utopistico, di unire la sinistra contro la corazzata dell’odio guidata da Salvini e Meloni. Per un attimo ci avevo anche sperato. Vedere in piazza esponenti del PD, di Sinistra Italiana, di Articolo Uno, di Potere al Popolo, di Rifondazione Comunista, del Partito Socialista e di tante altre fazioni ancora, mi aveva fatto ben sperare.
Ora, il punto è questo e mi avvio alla conclusione. Mattia Santori, come emerge dall’articolo di Repubblica di questa mattina (che, ancora una volta, riesce ad ottenere in anteprima nostre comunicazioni interne) ha fatto capire che le sue intenzioni sono diverse da quelle della maggioranza che, attraverso un sondaggio a cui abbiamo partecipato noi referenti, chiedeva al movimento di dotarsi di un manifesto politico per poter entrare realmente nelle questioni, senza andare in tv a fare ospitate a cazzo che noi referenti scoprivamo solo leggendo i giornali. Ha chiesto una pausa, in un certo senso lo comprendo. Gestire lo stress e gli impegni non è una cosa facile se non si è preparati. Ma ha dovuto anche gestire chi, dall’interno, ha tentato di fare il proprio gioco per avere qualche voce in capitolo nel tentativo del PD di togliersi dal groppone la brutta esperienza della segreteria Renzi. Qualcosa però è andato storto, perché qualche mente pensante che aveva capito il giochetto resisteva e chiedeva a gran voce l’autonomia di un movimento che si era avvicinato fin troppo al partito del Nazareno. Se avessimo potuto avere voce in capitolo avremmo voluto essere indipendenti, non volevamo diventare un satellite del PD, non era per questo che eravamo scesi in piazza (poi si può discutere o meno sulla bontà di cercare di recuperare la linea politica di quello che è comunque il principale partito di opposizione alle destre in Italia ma non è questo il punto).
Ora non resta che scegliere: perdere il capitale umano che si era creato in questi mesi è un dispiacere enorme; proseguire in stand-by ed in solitudine è per me un compito gravoso che non riesco a portare avanti. A settembre ci saranno le elezioni regionali e resistere contro l’avanzata di un centrodestra al 48% è un dovere morale. Forse non potranno esserci le piazze ma ci sarà il bisogno di prendere parte a quella che sarà una campagna elettorale sicuramente diversa e difficile.
Chiedo quindi a voi, amiche ed amici che avete condiviso, da vicino e da lontano, questo percorso: cosa fare? Che futuro vedete per le Sardine in Irpinia?
Rimetto il mio ruolo a voi. Nessuno mi ha scelto come referente e molti di voi neanche mi conoscono; io però, senza il vostro supporto, non posso continuare questa battaglia da solo.
Claudio Petrozzelli