di Gianluca Martone
Vorrei analizzare il disegno di legge Zan- Scalfarotto, di cui si sta parlando molto in questi giorni e, nel caso drammatico e tragico in cui fosse approvato dal Parlamento, eventualità purtroppo molto realistica, considerando l’ideologia che caratterizza il Pd e i Cinque Stelle che formano la maggioranza di Governo, costituirebbe la fine e la morte della democrazia e della libertà in Italia. Ma cosa afferma di preciso questo ignobile disegno di legge? Un articolo pubblicato di recente sulla Nuova Bussola Quotidiana ha messo in risalto i tanti punti oscuri e incostituzionali di questa disposizione normativa:” 1. Davvero questa legge rischia di limitare di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio della critica e del dissenso?
La risposta non può che essere affermativa: sì, il testo del disegno di legge contiene norme che limitano le libertà fondamentali su cui si fonda lo Stato democratico disegnato dalla Costituzione. 2. Notiamo, innanzitutto, la scelta fatta: l’uso dello strumento penale, che comporta con sé la minaccia del carcere, le perquisizioni da parte della polizia giudiziaria, gli interrogatori, la necessità di nominare (e pagare) un avvocato, i tempi della giustizia… quali preoccupazioni possono nascere dalla semplice presentazione di una denuncia penale tutti lo possono comprendere e alcuni lo hanno già sperimentato. Pensate che l’indagato intravede il rischio di essere costretto a svolgere un lavoro “di pubblica utilità” a favore di associazioni Lgbt per ottenere la sospensione condizionale della pena o, ancora prima, per ottenere la sospensione del procedimento con messa alla prova!
Non basta: i proponenti hanno voluto favorire la presentazione di denunce di asserite vittime di omofobia et similia prevedendo a loro favore il gratuito patrocinio (lo Stato pagherà il loro avvocato) e definendole persone “in condizione di particolare vulnerabilità”, cosicché la loro deposizione potrà essere raccolta in un incidente probatorio quasi segreto, con serie limitazioni al controesame da parte dell’avvocato; inoltre avranno diritto ad opporsi alla richiesta di archiviazione e a nominare associazioni rappresentative (indovinate quali). Già si intravede un “processo speciale”, che rischierà di arrivare “confezionato” in dibattimento, limitando fortemente il diritto di difesa degli accusati. 3. Scendiamo all’analisi delle fattispecie penali che sarebbero introdotte. Diverse voci hanno accusato i vescovi di non avere letto il testo del progetto, nel denunciare i rischi di un reato di opinione: si sottolinea, infatti, che il progetto non punisce la “propaganda” delle idee, ma solo l’istigazione a commettere atti di discriminazione e la commissione di tali atti. L’articolo apparso sull’ Espresso fa questo esempio: “Viene punita un’associazione che pubblicando la foto di un attivista gay invita i suoi seguaci a linciarlo. Non viene punita una persona che potrà ancora liberamente dire: l’utero in affitto è un abominio, il matrimonio omosessuale è sbagliato”. E se una persona sostiene che una coppia omosessuale non può acquistare i bambini provenienti dall’utero in affitto né adottarli e sollecita il Parlamento o i giudici a non concedere questo diritto? Non è forse considerata oggi un’istigazione alla discriminazione dei componenti di quella coppia omosessuale? E se un pasticciere si rifiuta di confezionare una torta per una festa per l’unione civile di una coppia omosessuale? Non è forse una discriminazione “per motivi fondati sull’orientamento sessuale”? E se una signora che si trova nello spogliatoio della sua palestra un uomo nudo – che è lì perché si sente donna – e reagisce violentemente, non ha commesso violenza per motivi fondati sull’identità di genere? Non c’è stato nessun equivoco: è evidente che il progetto vuole punire condotte del tutto inoffensive che si basano su convinzioni personali – basate sulla verità dell’uomo – che si vogliono sopprimere e tacitare. 4. Le norme sono disegnate proprio nello stile dello Stato totalitario: generiche nella descrizione della condotta vietata e tutte indirizzate a verificare le finalità dell’autore, ad entrare nell’animo della sua coscienza per condannarla. La genericità: le norme puniscono “atti di discriminazione” e l’istigazione di tali atti. In cosa consisterebbe la “discriminazione”? E in che ambiti sarebbe vietata? La risposta, implicita, è che qualsiasi differenza di trattamento in qualunque ambito costituisce discriminazione ed è quindi sanzionata penalmente. Non esiste, cioè, una definizione di “discriminazione per motivi fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”; al contrario, la legge Mancino sulla discriminazione razziale faceva riferimento alla Convenzione di New York del 1966 che conteneva una definizione della discriminazione razziale. Vediamo, quindi, che il ventaglio delle possibili accuse di “discriminazione” o di “istigazione alla discriminazione” rischia di essere amplissimo e, sostanzialmente, rimesso alla discrezionalità dei denuncianti. Che dire, poi, dei concetti di “genere”, “orientamento sessuale” e “identità di genere”? Concetti assolutamente vaghi che – per non sbagliare – i proponenti hanno pensato di menzionare tutti, raccogliendoli dalle varie proposte. Cosa vuol dire “discriminazione fondata sul genere”? È ovvio – qualunque interprete di diritto penale lo sa – che, se vengono elencate tre diverse categorie, evidentemente le stesse sono differenti tra loro: e allora, in cosa differisce il concetto di “genere” da quello di “identità di genere ”? Ma, soprattutto, questa assoluta genericità si accentua con il riferimento ai “motivi”: non è punita la “discriminazione di genere” (ognuno dia il significato che vuole a questa espressione), ma la “discriminazione per motivi fondati sul genere” (oppure per “motivi fondati sull’orientamento sessuale” o “fondati sull’identità di genere”). Cosa vuol dire? Che la differenza di trattamento – in qualunque ambito – porterà ad una condanna se il giudice vi ravviserà i motivi che hanno spinto il soggetto a compierla: cioè il pregiudizio, vale a dire le convinzioni personali. Questo mette in pericolo moltissime persone: penso al professore che rischia di essere denunciato per avere assegnato un voto negativo ad uno studente con tendenze omosessuali (lo avrà fatto per motivi fondati sull’orientamento sessuale?); penso ai responsabili delle scuole private nella scelta degli insegnanti; ai genitori nella selezione delle baby-sitter… 5. Un altro aspetto: l’istigazione alla discriminazione – cioè la sollecitazione ad adottare un trattamento diverso per determinate situazioni – è punita anche se commessa in privato e non pubblicamente. Non è difficile immaginare questo scenario: la presentazione di una denuncia contro un’associazione cattolica perché tra i propri scopi ha l’incitamento alla discriminazione per motivi fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere (basta pensare in che modo è stato presentato il Congresso Mondiale delle Famiglie e comprendiamo bene quante associazioni potrebbero essere denunciate). Il reato ipotizzato è partecipazione ad un’associazione tra quelle vietate ed è punito con la reclusione fino a sei anni: quindi sono possibili intercettazioni telefoniche e ambientali (le famose cimici). Vediamo, qui, quanto è falsa la distinzione tra “propaganda” e “istigazione”: le prese di posizione pubbliche saranno utilizzate per ipotizzare altri reati; condotte del tutto inoffensive e che costituiranno espressione della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà di associazione, della libertà di riunione.
- Infine, non ci inganni la distinzione tra istigazione alla discriminazione e istigazione alla violenza. Si dice, giustamente: esistono già le leggi che reprimono ogni comportamento violento e persecutorio. Il fatto è che – secondo la vulgataLgbt – qualunque manifestazione del pensiero che invita a differenziare in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere è un discorso di odio che porta con sé l’incitamento alla violenza nei confronti degli omosessuali e transessuali. In altre parole: se passasse questa legge le denunce saranno per il reato più grave e le indagini saranno svolte sulla base di questa prima prospettazione. Diciamo subito che i dubbi sulla legittimità costituzionale di questa legge – che, appunto, va a colpire le opinioni delle persone – sono sempre state forti; ma che tali dubbi sono stati fugati – non per tutti – dall’aggancio solido alle Convenzioni internazionali e, ancor prima, alla tremenda esperienza della discriminazione razziale, degli stermini su base etnica o nazionale. Anche la nostra Costituzione stabilisce l’uguaglianza di tutte le persone senza distinzione di sesso, di razza, di lingua e di religione”. Una domanda sorge spontanea dopo aver esaminato questo interessante contributo: ma in Italia vi è realmente un problema di omofobia? Alcuni anni fa, pubblicai questo articolo, in piena discussione sulla famosa Legge Cirinnà sulle unioni civili, poi tragicamente approvata dal Governo Renzi nel maggio 2016, nel quale dimostrai che IN ITALIA NON VI E’ ASSOLUTAMENTE UN PROBLEMA LEGATO ALL’OMOFOBIA:” In questi ultimi mesi, si sta discorrendo molto di omofobia, una “presunta” problematica che riguarda le persone omosessuali, le quali si riterrebbero discriminate in relazione alla loro diversità sessuale, in particolare dai cattolici e da tutti coloro che continuano a difendere la famiglia naturale, ex art. 29 Cost., formata da un uomo e una donna e il diritto dei bambini di essere educati dai loro genitori, padre e madre, sancito nell’art. 26 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Ma cos’è l’omofobia? Nell’analizzare questa tematica, desidero ritornare ad alcuni passaggi molto interessanti dell’intervista di Luca di Tolve, pubblicata dal “Giornale” il 24 luglio 2011. “L’omofobia è una malattia? Secondo il Dsm, il manuale dei disordini mentali, perché si possa diagnosticare una fobia devono presentarsi almeno quattro dei seguenti sintomi: palpitazioni, tachicardia, sudorazione, tremori, dispnea, dolore al petto, nausea, disturbi addominali, sbandamento o svenimento, depersonalizzazione, paura di impazzire o di morire, parestesie. Chi viene dipinto come omofobo prova quattro di questi sintomi mentre parla dei gay? Non credo. Mi arresteranno appena sarà approvata una legge sull’omofobia? Io mi domando perché il ministro per le Pari opportunità non promuova invece uno studio serio, scientifico, per inquadrare un fenomeno che desertifica l’anima? Forse perché ritiene l’omosessualità una condizione innata e immutabile? Eppure il gene dell’omosessualità non esiste, né mai potrà essere individuato. Altrimenti non si spiegherebbe come mai nei gemelli omozigoti, che condividono il 100 per cento dei geni, solo nel 52 per cento dei casi entrambi i fratelli siano omosessuali. Nella classificazione delle malattie, l’Organizzazione mondiale della sanità include il disturbo F66.1 e stabilisce che, qualora la preferenza sessuale eterosessuale, omosessuale o bisessuale sia causa di disordini psicologici, l’individuo può cercare un trattamento per cambiarla. Come mai si parla tanto di omofobia? È una parola che sulla Treccani neppure compare. L’Ansa la usò per la prima volta, e una sola volta, nel 1984. In questi ultimi anni, è stata adoperata invece molte volte. Si tratta di una precisa strategia dell’attivismo gay per arrivare a sanzionare la libertà di pensiero e di espressione, sancita nell’art. 21 della Costituzione. Non vogliono che si parli di loro, se non per parlarne bene. E’ una vera e propria tattica intimidatoria: se vuoi essere considerato una persona ragionevole, e non un soggetto fobico, ossia un malato, devi condividere l’ideologia omosessualista». L’aggressività dell’attivismo gay è evidente in particolare con il noto ddl Scalfarotto, che è in discussione al Parlamento e che, in caso di approvazione, introdurrebbe il reato di omofobia nel nostro Ordinamento. Ecco i primi due articoli del disegno di legge. “Art. 1(Definizioni relative all’identità sessuale). Ai fini della legge penale, si intende per: a) “identità sessuale”: l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti: sesso biologico, identità genere, ruolo di genere e orientamento sessuale; b) “identità di genere”: la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico; c) “ruolo di genere”: qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna;d) orientamento sessuale: l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi”. “Art. 2. Si prevede la reclusione fino a un anno e sei mesi per chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima. Si prevede inoltre la reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima”.
Pertanto, come ha affermato a piu’ riprese in diverse città italiane Gianfranco Amato, Presidente Nazionale dei Giuristi, il quale ha sottolineato che, nel caso in cui dovesse essere approvata in via definitiva questa disposizione normativa, non si potrebbe piu’ affermare che l’omosessualità è un peccato, in base ai precetti della Chiesa e che il sesso debba essere aperto alla trasmissione della vita, senza incorrere nelle conseguenze legali previste dalla legge in esame.
In Italia la problematica dell’omofobia esiste? A questo legittimo interrogativo, ha risposto nel settembre 2013 la Presidenza dell’AGAPO ( Associazione genitori e amici di persone omosessuali), attraverso una splendida lettera di un genitore, che esamina accuratamente il ddl Scalfarotto
“Come genitori e amici di persone omosessuali, desideriamo, in occasione del dibattito parlamentare sulla Legge omofobia, fornire un ulteriore importante contributo alla discussione in corso. Di fronte a un dramma come quello del suicidio del ragazzo 14enne omosessuale di Roma a inizio agosto, siamo tutti sconfitti. Colpisce al cuore ogni genitore che ha un figlio omosessuale e non soltanto lui. I media e i politici colgono l’occasione della tragedia per motivare la propria posizione, che prevede la soluzione al problema attraverso l’introduzione di nuove leggi e programmi educativi contro l’omofobia. Non abbiamo dubbi sulle buone intenzioni di chi si propone in tal senso, ma abbiamo forti motivi per ritenere che le modalità con cui si affronta la questione contribuisce più ad acuire il problema piuttosto che a risolverlo. Quando un giovane entra nella pubertà e si scopre eroticamente attratto da persone dello stesso sesso, mentre il resto dei compagni sviluppa e dimostra invece interesse per l’altro sesso, vive un drammatico momento di solitudine. Intuisce che il suo diverso orientamento sessuale condizionerà profondamente le sue relazioni, le amicizie, gli affetti, il suo modo di stare nel mondo. Come tutti i giovani a quell’età vorrebbe far parte del gruppo dei coetanei, dei pari, ma corre un forte rischio di ritrovarsi etichettato o escluso. Teme gli atteggiamenti “speciali” che i compagni gli riserveranno o già gli riservano, di dichiarata solidarietà, di sottile ironia, di avversione, di ostilità o di velleità protettive quali essi siano. In questa situazione, a nostro avviso, i genitori così come la società in generale, hanno soprattutto il compito di aiutare il ragazzo a sdrammatizzare la situazione: aiutarlo a comprendere che la sua persona consiste in molto di più dell’orientamento sessuale e che l’impulso sessuale stesso non comanda la persona, Di conseguenza, è molto importante che lo si tratti come prima della scoperta dell’attrazione verso lo stesso sesso, cioè come persona “normale” e intera, come tale, con tanti aspetti differenti, di cui l’omosessualità ne è soltanto uno. Bisogna fare in modo che il giovane non si senta “minoranza sessuale” e di avere il mondo contro. Dall’esperienza derivata dai numerosi corsi di educazione alla diversità sostenuti anche dalla nostra associazione, si può costatare che l’ambiente in cui crescono oggi in Italia i giovani con tendenza omosessuale in genere non è omofobo. Per quanto i sentimenti dei compagni possano essere caratterizzati da incomprensioni, insicurezza, imbarazzo e, a volte, disagi e timori, l’odio nei confronti dei “gay” rappresenta un fenomeno complessivamente marginale. Parlare oggi di “odio generale” nei confronti degli omosessuali e “emergenza omofobia”, come spesso appare sui media e sulla bocca di chi chiede la Legge omofobia, a nostro avviso, non centra il vero problema e ignora la solitudine esistenziale del giovane, aggravandola, spingendolo a credere che gli altri siano tutti “contro di lui”. In Italia, le leggi per tutelare le persone discriminate, anche omosessuali, esistono già. Il codice penale prevede infatti la persecuzione di reati per percosse, lesioni, minacce, ingiurie, diffamazione, diffamazione a mezzo stampa. Inoltre, esiste l’articolo 61 sulle aggravanti per motivi abietti o futili. Qualora si costati che l’attuale legge non sia sufficiente, il primo passo da compiere sarebbe certamente quello di monitorare l’applicazione della legge esistente, prima di introdurne un’altra. Chi si intenderebbe colpire con una nuova legge? I compagni dei giovani omosessuali? Gli educatori degli adolescenti perché diffonderebbero l’odio? Chi? Dove sono gli omofobi che non si raggiungono già con l’attuale legge? Temiamo che le prime vittime della conseguente caccia all’omofobo saranno gli stessi giovani omosessuali: dove il mondo intero dice loro di essere perseguitati diventa infatti difficile non sentirsi perseguitati e non rinunciare di fatto alla vita.A nome dei giovani omosessuali e di chi davvero vuole il loro bene chiediamo alla politica di rinunciare alla Legge omofobia, perché una tale legge nella sostanza non aggiunge alcuna tutela a loro favore. Anzi rischia di ottenere il risultato contrario a quello che si prefigge e contribuisce comunque ad alimentare l’etichettatura e la ghettizzazione delle persone”. Questo appello di notevole intensità risulta essere purtroppo stato inascoltato sino a questo momento da parte dei parlamentari. Ci auguriamo comunque che il mondo cattolico si mobiliti per evitare l’approvazione di questa legge, che rappresenta un autentico grimaldello nelle mani delle Lobby LGBT, per introdurre nel nostro Ordinamento la teoria del gender, i matrimoni omosessuali e le adozioni gay e minare in modo definitivo la famiglia naturale tutelata nell’art. 29 della nostra Carta Costituzionale”. Bisogna infine chiedersi: ma in piena epidemia di Coronavirus, a cosa serve e a chi una simile legge? La risposta è semplice: SERVE A COLORO CHE VOGLIONO UN NUOVO ORDINE MASSONICO DI PERSONE MANIPOLABILI, IN CUI VENGA DISTRUTTA LA FAMIGLIA COME CONCEPITA DA DIO E RICONOSCIUTA DALLA NOSTRA COSTITUZIONE, CON L’APPROVAZIONE DI ABERRAZIONI COME IL MATRIMONIO GAY, L’ADOZIONE GAY E L’UTERO IN AFFITTO E, SOPRATTUTTO, CON L’INTOCCABILITA’ GIURIDICA, POLITICA E SOCIALE DELLE LOBBY LGBT E DELLA LORO IDEOLOGIA OMOSESSUALISTA E TEORIA DEL GENDER, CHE AVREBBE EFFETTI DEVASTANTI SUI BAMBINI. COSA FARE DINANZI A QUESTO CLIMA APOCALITTICO, IN CUI LA CHIESA CATTOLICA HA PERSO LO SPIRITO COMBATTIVO DI DIFENDERE IL PROPRIO GREGGE DAI LUPI FAMELICI E,ANZI, E’ COMPLICE CON IL SUO SILENZIO ASSENSO DI QUESTI DISASTRI? L’esempio eroico della grandissima Santa Giovanna d’Arco ci dia il coraggio di resistere fino al carcere e al martirio se necessario per rendere gloria a Nostro Signore Gesu’ Cristo e alla sua Santissima Madre: “Quando il nemico sembra prevalere in battaglia, quando le sue forze sembrano soverchianti, quando la strategia di combattimento sembra far indietreggiare le truppe…allora la battaglia sia portata avanti in maniera diversa, si moltiplichino le “cellule” del bene, i guerrieri restino uniti, la guerriglia si faccia intensa e fastidiosa; si ritrovi lo spirito di corpo, si serrino i ranghi della fraternità, si sopporti l’andare controcorrente, non si perda occasione per, agili e leggeri, colpire al cuore il nemico potente… “A noi la battaglia, a Dio la vittoria”
GIANLUCA MARTONE