Molti di voi avranno letto Frankenstein di Mary Shelley ma non tutti sanno che il dottor Frankenstein era nato a Napoli. E’ per questo che oggi vi porto in uno dei luoghi più carichi di esoterismo della bella città partenopea, la cappella di San Severo. Vi chiederete quale sia il legame tra il protagonista di uno dei romanzi più rivoluzionari della letteratura gotica del XIX secolo e la misteriosa cappella. Ebbene pare proprio che la Shelley, seguendo la moda del tempo del Grand Tour, sia approdata anche in Campania e sia rimasta affascinata dall’intrigante figura del principe Raimondo di Sangro, a cui fu affidata la cappella tra il 1749 e il 1771.
E’ qui che trova posto una statua, quella del Cristo Velato del Sammartino, anch’essa legata a strane vicende: un Cristo avvolto in un velo che, secondo alcuni studiosi, non sarebbe altro che il risultato di un escamotage del principe.
Sembra, infatti, che egli godesse della fama di inventore, negromante e alchimista e che proprio nella cappella, fronteggiata dal palazzo dei Sangro e dalla chiesa di San Domenico Maggiore, avesse dato prova dei suoi studi più interessanti che trovano un riscontro nelle macchine anatomiche poste nella cripta. Si tratta di due scheletri, quello di un uomo e di una donna gravida, in cui gli organi e il sistema circolatorio sono fedelmente riprodotti con cura di particolari e attenzione ai dettagli.
Secondo una leggenda, però, data la perfezione dell’esecuzione, i due scheletri sarebbero quelli di due esseri umani, probabilmente al servizio dei Sangro, frutto di un macabro esperimento del principe. Raimondo avrebbe, dunque, avuto la stessa presunzione del dottor Victor Frankenstein (da non confondere con la sua “creatura” seppur ne rappresenti in qualche modo un valido alter ego) nel sostituirsi al Creatore, cercando di intrappolare la vita e di far resuscitare i morti.
Mary Shelley rimase meravigliata dai misteri del principe al punto tale da ritenere opportuno far nascere il protagonista del suo romanzo al civico 250 della Riviera di Chiaia, lì a Napoli dove Raimondo aveva inscenato, inconsapevolmente, la trama di un capolavoro.