a cura della dott.ssa Francesca Grassi
Il presente articolo è riservato ai maggiorenni e deve essere letto solo se accompagnati dai genitori! Scherzi a parte, oggi parliamo dei significati nascosti nell’antica pasticceria napoletana.
Famoso in tutto il mondo per la verve comica e il fuoco passionale che da sempre lo caratterizza, il popolo napoletano ha saputo plasmare nel tempo una pasticceria che fosse simbolo non solo di appagamento gustativo ma che sapesse coinvolgere anche altri sensi. Iniziamo con la sfogliatella, la riccia in particolare: pensate alla forma e iniziate ad intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, immaginate di essere all’interno di una grotta (Piedigrotta) e di purificarvi per il rito di iniziazione in onore di Priapo, dio della fertilità. Dopo aver provveduto alle abluzioni, dovete assolvere un compito: ingravidare le fanciulle sacrificate al dio e, per ritemprare spirito e corpo, c’è bisogno di un alimento energetico, fatto con uova, ricotta, frutta candita e una sfoglia delicata e sottile, la cui forma ricordi il pube femminile … ecco la sfogliatella!
Ora accostate la sfogliatella al babà, ebbene anche il famoso dolce al rum, nonostante sia nato in circostanze più “pudiche” , non sfugge a un contouring dalle sfumature erotiche.
Ciò che ha fatto di questi capolavori gastronomici un “travel cliché” della Napoli odierna è, senza ombra di dubbio, una sana letteratura di viaggio, ricca di aneddoti e leggende che emanano profumi di superstizione misti ad una rude quotidianità. Così mentre si passeggia tra i vicoli di Napoli quegli stessi profumi conquistano tanto i palati più raffinati quanto quelli più grezzi e, tra na tazzulell ‘e café e addore e mare, ci si ritrova allo storico Gambrinus, le cui pareti parlano di belle époque e cafés chantants, e da Pintauro, odierno tempio della rinomata sfogliatella.