L’Isis ha già vietato moltissime cose che per il mondo occidentale sono normali, diritti acquisiti, conquiste in campo scientifico, tecnologico e anche medico. Proprio in questo ambito arriva ora un altro divieto che riguarda i parti effettuati con taglio cesareo. I bambini che nasceranno sotto la bandiera dello Stato Islamico non potranno più farlo con parto cesareo, a meno che non si tratti di casi in cui non ci sono alternative. Anche in queste occasioni però l’Isis ha previsto che il medico dovrà far pagare alla partoriente una tassa di 15mila lire siriane, pari a due mesi di stipendio di un lavoratore medio in Siria. Il motivo di tale divieto? Semplice. E’ una tradizione importata dall’Occidente e, quindi, non legittimata dall’Islam. Chi non dovesse rispettare questo nuovo diktat verrà giudicato dai tribunali islamici e punito severamente.
Secondo lo Stato islamico, l’aumento dei parti cesarei in Medioriente è visto come parte di un “complotto occidentale contro le madri musulmane”. Del resto non è la prima volta che gli uomini del Califfato si oppongono agli sviluppi medici soprattutto on campo ginecologico. Poco tempo fa avevano preso di mira le pratiche per alleviare i dolori del travaglio e del parto. A questo proposito il teologo saudita Sheikh Muhammad ibn Salih al Uthaymeen aveva stabilito che le madri musulmane non necessitassero di assistenza e di antidolorifici durante il parto. Sempre secondo il teologo fare il parto cesareo provocherebbe danni alle donne e renderebbe per loro molto pericoloso avere altri figli.
Dal punto di vista medico e sanitario lo Stato Islamico sta tentando di costruire un proprio sistema basato su determinate credenze e rigidi divieti. A inizio anno l’Isis ha anche annunciato l’apertura della Facoltà di Medicina di Raqqa, nel nord della Siria, dove si tiene un corso di laurea triennale secondo il cosiddetto “curriculum islamico”.