“L’Italia è il secondo produttore al mondo di nocciole. Con il 12% dei volumi globali segue a distanza la Turchia, che rappresenta il 70% del mercato complessivo. I quantitativi turchi sono tali da dare a questo Paese un peso decisivo nel determinare i prezzi a livello globale prescindendo dalla qualità dell’offerta. Con il nostro progetto miriamo a sviluppare la produzione italiana, che si attesta a circa 110 mila tonnellate annue, sostenendo l’incremento del 30% delle piantagioni entro il 2025, con superfici in crescita da 70 a 90 mila ettari”.
È questo in sintesi l’obiettivo del Piano Nocciola Italia dichiarato da Maurizio Sacco, responsabile della divisione interna del Gruppo Ferrero interamente dedicata alla nocciola, Hazelnut Company. L’occasione è stata la conferenza di questa mattina al Macfrut 2018 “Progetto nocciola Italia. Un futuro dal coltivare insieme”.
Valorizzare la qualità, dare centralità all’aggregazione e garantire la piena trasparenza e la tracciabilità della filiera sono i punti fondamentali sui cui si fonda il progetto e che vengono perseguiti attraverso strumenti per la creazione di opportunità concrete. “La sottoscrizione del contratto è vincolata a requisiti minimi di produzione che riteniamo fondamentali affinché l’investimento sia sostenibile per il produttore: 100 ettari iniziali e 500 in programma da piano di sviluppo per i successivi 5 anni”, specifica Sacco.
L’impegno di Ferrero è duplice: supporto alle organizzazioni sottoscriventi il contratto – attraverso un software di gestione ad uso gratuito, attività di formazione e divulgazione del know how e dialogo con gli Istituti di credito per l’avvio di finanziamenti che tengano conto del lungo ciclo di vita del nocciolo – e valorizzazione della qualità e delle varietà grazie ad un prezzo minimo garantito pari a 1,94 euro/kg (calcolato considerando il costo standard di produzione a cui è stato sommato un markup del 15% e il prezzo di mercato indicizzato dall’Unione Esportatori del Mar Nero ponderato al 30%) e rivalutato in base a specifici indici di qualità e di varietà.
“L’imposizione di soglie minime di produzione è a vantaggio dell’aggregazione in campo poiché i singoli corilicoltori difficilmente riuscirebbero a raggiungere tali estensioni; penso che questo sia il vero punto di forza del progetto che come Regione ci sentiamo di appoggiare e sostenere in pieno sia dando la totale supporto all’associazionismo, sia pensando soluzioni finanziarie ad hoc”, ha commentato l’assessore dell’Emilia Romagna Simona Caselli intervenendo all’incontro.
(articolo estratto da Il corriere ortofrutticolo)